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Seedorf come Strama. Il novellino non paga, ma chi gioca fa danni

Numeri da brividi e rischia di andare peggio dell'Inter passata Il tecnico: "Non serve comprare i migliori ma quelli giusti"

Seedorf come Strama. Il novellino non paga, ma chi gioca fa danni

I cognomi cominciano entrambi per “esse”. C'è il rischio che la storia finisca nello stesso modo. Dall'Inter disastrosa di Stramaccioni allo sprofondo Milan di Seedorf: la Nerazzurra chiuse il campionato al nono posto con soli 54 punti (33 in meno della Juve), questo patetico Diavolo continua a perder quota e posizioni e rischia di realizzarne poco di più (se vincerà tutte le ultime 10 partite arriverà a 66 punti), ma più probabilmente poco di meno. Ci sono almeno 4 sfide toste: Lazio, Fiorentina, Roma, Inter. Entrambi novellini della panchina, con differenza sostanziale: l'olandese ha 22 anni di calcio giocato alle spalle, il giovin rampollo di Moratti si valeva soltanto di 20 anni di calcio studiato.

Poi, è vero, Stramax venne cacciato con la solita piroetta da chi lo aveva voluto (Moratti), Seedorf rischia molto meno appunto per volere di chi lo ha voluto (Berlusconi) anche se Galliani ieri si è allineato al capo («D'accordo anch'io»). Se vogliamo tutta colpa dell'effetto Sacchi. Sì, ancora lui: in nome di un colpo d'occhio andato a buon fine con un, allora, dilettante della panca, Milano (sponda Inter e Milan) si è rovinata qualche stagione di troppo andando a caccia dell'allenatore “inventato” dal padrone: da Orrico a Stramax fino a Leonardo e Seedorf. Capello era già più avanti. Ma, come vuole il calcio, non tutti i mali sono nel manico. Semmai andrebbero girate le colpe a chi li ha assunti. Era ovvio che la situazione del Milan non riguardava solo le incapacità di Allegri, piuttosto quelle dei giocatori. Se oggi la squadra sta meglio fisicamente è merito pure del nuovo tecnico. La condizione gestita da Allegri aveva pecche evidenti. Ma poi Seedorf ha fatto un piacere al mugugnante predecessore: ha dimostrato che c'era molto di più, che tanto andava oltre le ipotetiche colpe. «Ho preso questa squadra con coraggio e so di lavorare per il futuro. Ma una buona squadra va costruita con intelligenza e sapienza. Non devi comprare i migliori del mondo per essere competitivo, ma comprare quelli giusti», ha spiegato ieri, rispondendo proprio ad Arrigo Sacchi. Bisogna saper scegliere e saper comprare: detto in sintesi per la Milano calcistica che ha compiuto diversi errori in questi anni.

Basti un'osservazione: se, all'andata, Biabiany ha tirato scemo Constant, stavolta Schelotto ha tirato isterico Emanuelson. Il Parma ha rifilato tre gol all'andata e quattro al ritorno, Cassano ha segnato sempre e alla sua squadra non capitava di vincere a San Siro da 18 anni, che sono un'eternità. E allora sempre colpa dei tecnici? O, piuttosto, di giocatori qualitativamente scarsi? Il Milan è squadra di scarsa qualità, mal costruita da chi aveva il potere di acquisto. Lo sanno anche i bambini che con i “parametro zero” non si va in Paradiso, al massimo in Purgatorio. Lo dicono i risultati, anche gli ultimi, e una sequenza di numeri che fa spavento: 9 gol subiti dal Milan nei primi 15 minuti di gioco, 3 sconfitte consecutive, 7 sconfitte da quando c'è Seedorf in panca (5 nelle ultime 6 partite), era dal '96-'97 che la squadra non subiva 11 sconfitte in 28 giornate. La difesa è un colabrodo: andrà tutta ricostruita. E non basterà il brasiliano Alex. Il centrocampo andrà sfrondato da personaggi inutili e un po' passati. Perfino Montolivo dovrà dare una rinfrescata al suo gioco in carta velina.

«Indegni» sarà pure l'invettiva dei tifosi, ma con qualche dose di realismo: indegni di questo campionato e della storia rossonera. Chi sa giocare al calcio lo mostra al colto e all'inclita: dite Kakà e non vi sbagliate. Ma potete citarne pochi altri. E allora a chi rivolgersi per l'acquisto dell'impresentabile Mexes e di Honda, Emanuelson, Muntari? La lista è lunga. L'acquisto di Balotelli è andato a medicare la ferita delle partenze di Ibrahimovic e Thiago Silva. Semmai c'è, e c'era, da domandarsi come mai il ManCity ha mollato SuperMario e non altri. Ha ceduto Balotelli alla prima occasione. Tevez alla seconda, soprattutto per volere dell'argentino. «La Juve deve essere un esempio per come ha ricostruito una squadra dopo una crisi», ha sintetizzato Seedorf con un atto di ingenuità non totale.

Ma è vero che il Milan, ad un certo punto della sua storia, ha dovuto badare al bilancio economico e non più a quello calcistico. Andava spiegato con onestà, senza aggrapparsi alle solite tiritere sul passato. Ieri Adriano Galliani c'è ricascato («In questo secolo siamo l'unica squadra italiana che ha fatto per 15 anni le coppe: 13 Champions e 2 Europa league»), senza rendersi conto che nessuno può vivere nel passato. Al massimo nel ricordo. Galliani forse avrà l'età per vivere nel passato, il Milan e i suoi tifosi non proprio: il calcio è bello se ti fa vivere il futuro. E questo Milan sembra terribilmente impotente, in campo e fuori.

Il peggio che gli potesse capitare: vorrei ma non riesco.

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