Seedorf tiene duro: "In campo si va con la mia testa"

Il tecnico: "Mi hanno preso e mi hanno garantito che avrei potuto lavorare in totale autonomia". Mazzarri se la gioca: "Io non ho paura"

Seedorf tiene duro: "In campo si va con la mia testa"

Milanello - L'ultimo treno per la piccola Europa del calcio è in arrivo stasera sul binario storico e suggestivo di San Siro. Si chiama derby, basta la parola per riscoprirne il fascino, ed accende i suoi riflettori su una Milano da rilanciare a tutti i costi. Mazzarri e l'Inter sono virtualmente già in carrozza, con un comodo vantaggio di 6 punti da gestire nelle prossime tre sfide: sarebbe un rovinoso autogol se dovessero consumare per strada questo cospicuo vantaggio. Il Milan di Seedorf, che può godersi il primo e ultimo derby da allenatore, sulla panchina rialzata di San Siro, è invece alla ricerca almeno del predellino per saltare sull'ultimo vagone in caso di una clamorosa defezione. Sembra un derby figlio di un dio minore e invece può persino confermare una sentenza già scritta oppure allargare il conflitto intestino tra i contestatori che vedono in Seedorf il cavallo di Troia per far arrendere Berlusconi e i fedelissimi del presidente che hanno fatto blocco unico con squadra e critica. Clarence, il professore venuto dal Brasile e dotato di auto-stima in dose industriale, ha deciso di uscire di scena con le sue idee e le sue teorie strampalate: giusto così. Balotelli in coppia con Pazzini? Neanche a parlarne: «Sempre in 11 vanno in campo» la risposta evasiva sul tema. Poli a destra e Taarabt a sinistra, gradita in modo particolare al marocchino? Non se ne parla proprio: tutto il contrario, Poli schierato a sinistra nel trio di trequartisti e Taarabt relegato a destra che non è proprio il suo lato forte. Abate e De Sciglio, insieme, sentinelle degli argini laterali di destra e sinistra dove l'Inter di Mazzarri è solita concentrare il peso maggiore dei suoi attacchi? No: c'è posto solo per De Sciglio, rimesso in campo da titolare con una spiegazione che è una sorta di difesa personale («purtroppo è stato fuori 2 mesi, quando è stato bene ha sempre giocato con me»). Più diplomatica la risposta sul nodo di fondo, le diverse opinioni tra club e tecnico in materia di schieramento e scelte. «Quando sono arrivato Galliani mi ha detto: lei è l'allenatore, può lavorare in totale autonomia. Io non voglio fare l'ad, così come Galliani non vuole fare il tecnico, siamo perciò in sintonia perfetta per il bene del club» la risposta più attesa sul tema scottante del fine settimana milanista dopo le voci di una possibile nuova conversione dell'olandese al dettato societario. Se il derby dovesse finir male, si saprà chi ha perso, se dovesse finire bene si saprà di chi il merito.

Clarence ha deciso di tirare dritto per la sua strada anche dinanzi al silenzio di Berlusconi («non rispondo più a questa domanda») e ai mancati interventi di Galliani sul futuro («la conferma è rappresentata dal mio contratto, ho altri due anni» l'obiezione pertinente dell'interessato). Si è ritagliato un solo nemico («mi hanno dato fastidio non le critiche ma la poca obiettività di voi giornalisti») e un mondo tutto rose e fiori popolato di comodissimi alleati, a cominciare dai componenti dello spogliatoio per finire al proprio ruolo, definito «un percorso meraviglioso» durante il quale lui ha dato «tante cose» al gruppo a cui va iscritto, meno male, il merito di aver risalito la china e di aver viaggiato, nel girone di ritorno, a una media decisamente più alta di quella avvilente, se non umiliante, dell'andata. «Speriamo di riuscire a fare 9 punti e che siano sufficienti per raggiungere l'obiettivo dell'Europa» è stato il suo pronostico firmato più per dovere di vigilia che per convinzione autentica. Perciò, nella preparazione di questo primo e ultimo derby da allenatore del Milan, può dedicarsi ad altre faccende, «devo evitare che ci sia troppa tensione» nella sicurezza d'aver fatto lo stesso anche ai tempi del calciatore Seedorf decisivo nelle sfide che contavano, «quando pensavo sempre al gruppo più che a me stesso» e quando non si lasciava certo schiacciare dallo stress emotivo, dominandolo anzi con la forza dei nervi distesi. Dell'Inter ha detto di conoscere tutto, «Mazzarri gioca in modo chiaro, con aggressività».

Anche le caratteristiche più temibili sono annotate sul taccuino: «L'Inter ha uomini che vanno molto al tiro e al cross, Guarin, Kovacic, Cambiasso». È come se Seedorf si sentisse al sicuro «per la partita simbolica» da regalare ai tifosi e per «finire in modo orgoglioso» la stagione. È la sua ultima scommessa. Lasciategliela giocare a modo suo.

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