«Sono sconsolato». È bastata una brevissima confessione per fotografare lo stato d'animo di Silvio Berlusconi dopo la notte da incubo vissuta dal Milan al cospetto del Napoli. Zero a quattro, nessun tiro in porta, squadra fischiata, la curva che se la prende sempre e soltanto con Galliani (e questo è molto sospetto, ndr), l'allenatore pronto a prendersi tutte le responsabilità del caso e la classifica che continua a piangere. All'uscita da San Siro, ricevuto il tapiro d'oro da Striscia, il serbo si è mostrato pronto a tutto. Anche al peggio. «La colpa è di tutti, mia per primo. Non mi dimetto, vediamo se la società prenderà delle decisioni» la chiosa di Sinisa Mihajlovic disponibile «a spiegare a Silvio Berlusconi» i motivi del disastro.
Dalla società, in forma pubblica è trapelato solo il silenzio di Adriano Galliani, un silenzio che ha parlato chiaramente dell'insoddisfazione per il lavoro di Mihajlovic, accolto tra squilli di tromba. Questa volta non è stata spesa nemmeno una parolina, quella classica, per metterlo al riparo della tempesta che si è scatenata sul web, tra i tifosi e non solo (da segnalare lo sfottò di De Laurentiis figlio: la maglia rossonera con lo sponsor retequattro!). Il presidente e il suo braccio destro hanno scelto di riflettere lasciando sulla graticola lo staff tecnico oltre che il gruppo squadra scioltosi per la sosta delle nazionali. Smentito un vertice ad Arcore così come hanno perso consistenza le voci di un cambio in corsa (Montella, il più indicato, è bloccato da una penale di 5 milioni, Donadoni l'unica alternativa valida): sarebbe il quarto allenatore a libro-paga (dopo Seedorf, Inzaghi e Mihajlovic), un peso eccessivo per il bilancio.
Seguendo lo schema di Mihajlovic, «tutti colpevoli io per primo», è d'obbligo cominciare proprio dal tecnico. Non ha risolto nessuno dei problemi emersi durante la stagione precedente: 1) organizzazione difensiva scadente; 2) gioco deludente; 3) temperamento da trasmettere al gruppo. Anche qualche giudizio tecnico (tipo Rodrigo Ely) è risultato azzardato. Qualche lampo di bel gioco (un tempo a Udine), ripetute cadute e corto circuiti dinanzi alle prime difficoltà. I paragoni, parziali, con l'era Inzaghi sono tornati d'attualità, alcune certezze del recentissimo passato sono svanite (Diego Lopez non ha ancora parato come un campionato fa, Mexes e Menez, due pilastri, sono ko, De Jong ha perso il posto da titolare con Montolivo).
La società, per la prima volta dopo il 2010 (presi Ibra, Robinho e Boateng) è tornata a investire in modo massiccio sul mercato ma si è fermata a metà strada, senza assicurare al gruppo né un leader carismatico (Ibra lo sarebbe stato) né un trequartista all'altezza, incassando zero fiducia da critici e tifosi. Galliani ha dovuto pagare tanto giocatori che fin qui non hanno ancora meritato le super-valutazioni (Bertolacci in particolare seguito da Bacca, e Romagnoli). Proprio Bertolacci (dixit Sinisa domenica notte) ha rinunciato col Napoli a fare il tre-quartista sostenendo «di non trovarsi a suo agio nel ruolo».
Honda ha dettato ai giornalisti giapponesi: «Se continuiamo così sarà impossibile tornare grandi in 5 anni, anzi in 10. Se non possiamo spendere come Manchester City o Psg bisogna cambiare sistema».
Può essere ma non giustifica i 9 punti dopo 7 gare visto che anche Atalanta e Chievo hanno fatto meglio! Per capire cosa è accaduto da maggio 2013 (a Siena il vituperato Allegri e i suoi ottennero con una rimonta stratosferica il terzo posto) in poi è opportuno riflettere su questo dato: quando furono congedati, per raggiunti limiti di età, i senatori del Milan vincente (da Seedorf a Nesta e Gattuso), i loro sostituti, tranne rare eccezioni, non sono mai stati all'altezza per cifra tecnica e personalità. Così dicasi degli allenatori intervenuti sulla panchina dopo Allegri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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