Sergio Arcobelli
«Italia, torniamo a vincere». Con questo messaggio chiaro, diretto, senza tanti giri di parole, Roberto Mancini si è tuffato nella nuova veste di cittì. Con un entusiasmo, all'apparenza, assai convincente. L'utilizzo del verbo «vincere», poi, vale più di mille altre parole. Ma tanto basta per lottare con la nostalgia e fare un passo indietro con la memoria, di preciso all'estate del duemilasei. Quell' «Italia campione del mondo» ripetuto quattro volte riecheggia ancora nelle nostre orecchie, rievoca dei ricordi meravigliosi, senza eguali.
A distanza di dodici anni, vi chiederete, che cosa ne è stato di quei ventitré eroi azzurri? Tutti, chi più chi meno, hanno continuato a girovagare in lungo o largo, in Italia o all'estero. Con la stessa fame, la stessa voglia intatta di rincorrere un pallone o insegnare calcio. Alla ricerca di un altro acuto, un altro successo, un altro titolo da aggiungere alla ricchissima bacheca.
Lungo questo tragitto, può accadere che tre di quei campioni del mondo, dopo aver toccato il cielo (di Berlino), si ritrovino ad allenare nei campi di periferia della Serie B. Da Fabio Grosso a Pippo Inzaghi ad Alessandro Nesta, richiamato alla base dal sole di Miami. E se il Bari di Grosso è costretto a vincere a Cittadella (ore 18.30 su Sky Sport), per Inzaghi e Nesta il destino è stato crudele e spietato. Perché stasera, nel turno preliminare, dunque in una sfida da dentro o fuori, è in programma Venezia-Perugia (ore 21 su Sky), e cioè Super Pippo contro Sandro. Chissà quante volte si sono marcati in allenamento o in partita, quei due. Amici sempre, ma questa notte allenatori rivali.
E che dire, invece, di chi ancora non ha appeso gli scarpini al chiodo, come Gigi Buffon o di Andrea Barzagli, protagonisti di un'altra cavalcata trionfale della Signora sempre più ingorda di record e di trofei. O di Daniele De Rossi, ma ci pensate? Decisivo dagli undici metri sia in quella finale di Berlino che in Champions con il Barcellona.
Fatto sta che, a parte qualche rara eccezione, sono tanti i campioni del mondo ad aver scelto il mestiere dell'allenatore. Tra i tanti, c'è Rino Gattuso, c'è Massimo Oddo. E tra gli eroi della notte di Berlino c'è anche quel Fabio Cannavaro che ha preso il posto del suo mentore Lippi al Guangzhou. Si pensi a Gianluca Zambrotta, che dopo la parentesi India assieme a Simone Barone, ha seguito al Jiangsu Fabio Capello, suo allenatore ai tempi della Juventus. India che è stata terra fertile per Marco Materazzi, capace di conquistare lo scudetto con il Chennaiyin. Una lunga lista a cui si aggiungeranno tra poco anche Andrea Pirlo e Alberto Gilardino, iscritti al corso di Coverciano e che già studiano da allenatori.
Vien da chiedersi, però, questo: alle proprie squadre, i campioni
azzurri avranno insegnato che per vincere un titolo o un campionato serve il miglior attacco o la miglior difesa? Vista la difesa imperforabile degli azzurri al Mondiale del 2006, rispondere al quesito è piuttosto facile.
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