Avrebbe potuto dire che «sono cose che succedono...». Avrebbe potuto limitarsi a un romantico e fatalista «c'est la vie...». Vale nostro ha invece preferito l'inglese. Uno schietto, poco oxfordiano, ma esauriente e comprensibile «shit happens...». Meglio l'abbia detto così. Perché sul momento nessuno pensa sia una parolaccia benché lo sia. Però, francamente, per descrivere quanto gli è accaduto ieri e la gara andata letteralmente in fumo mentre era comodo secondo, non c'era veramente nessun'altra immagine verbale adatta. Tanto più pensando ai 37 punti ora di svantaggio da Lorenzo. «Shit happens» dicono infatti Oltremanica quando vogliono spiegarti che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo. Loro, tra un pub e una pinta di Guinness, preferiscono spiegarti che non ci puoi fare niente e che nella vita, ogni tanto, la... popò ti arriva addosso.
E così è stato. Questo è accaduto a Valentino Rossi nel Mugello che da Mugiallo, come scritto sul casco da lui dedicato al pubblico, si è trasformato in un mugugno lungo 130mila persone e 14 giri. Nel senso di pubblico presente e di tornate che mancavano alla fine, quando al nono Rossi se ne stava incollato al compagno dopo che al via, prima staccata, Lorenzo l'aveva passato partendo dalla 5a piazza. Prendeva appunti Vale. «Perché avevo deciso di studiarlo, perché mi sentivo benissimo, perché sapevo di essere più veloce di lui, perché ero in forma, perché questo pubblico meraviglioso, perché è una delusione al quadrato, esponenziale...» dirà poi. E perché mai si sarebbe immaginato di inciampare nello stesso problema patito dallo spagnolo poche ore prima.
«Shit happens» sta in questo. Lorenzo alla fine ha vinto bene, dopo duello mozzafiato con Marquez negli ultimi due giri, sorpassi e controsorpassi, ma ha vinto perché «io sono stato molto fortunato e Valentino molto sfortunato». E perché all'ultimo giro del warm up del mattino gli si era rotto il motore della Yamaha subito sostituito nella pausa pranzo con uno nuovo di pacca. Stesso guaio di Vale. «Solo che mi si è rotto al mattino», dirà Jorge, «e se il warm up fosse durato un giro in meno, si sarebbe spaccato in gara anche a me» l'onesta e sportiva ammissione di Jorge. A cui, per la verità, proprio al mattino, rientrando in scooter con gli zebedei in giostra per il propulsore andato in fumo, fa da contraltare un dito rivolto al pubblico che lo insultava.
«Shit happens». Peccato. La deriva calcistica dilaga. E anche sotto il podio saranno salve di fischi per lui e Marquez secondo e beffato al fotofinish. Entrambi colpevoli dell'ormai celebre biscottone mondiale dello scorso anno che da mesi divide il pubblico di due Paesi: l'Italia del «sì, quei due l'hanno fatto apposta...» e la Spagna del «no, è venuto da sé...». Fatto sta, dalla marea gialla sotto il podio ovazione, neanche avesse vinto il mondiale, per Iannone, partito di «shit». Ma pur di non applaudire quei due e soprattutto Lorenzo... Jorge comunque autore, va detto, «di una delle mie corse più belle e avete visto? So duellare anche io... Quanto al pubblico, non mi importa quel che pensa. So bene che ha ormai sposato la tesi di Valentino sul biscotto dello scorso anno e non posso far niente per convincere questa gente del contrario.
L'anno prossimo arriverò qui da ducatista, magari sarà un po' meglio, ma vedrò comunque tutte le colline coperte di giallo. E come sempre e come stavolta, penserò solo a sorridere e dare il meglio che posso». Oddio. Anche a far così col dito.
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