Siamo ancora e sempre quelli di Oslo. Illusi per un tempo dal sigillo del promettente Pio Esposito e poi infilati allo spiedo da una Norvegia uscita dall'intervallo con il cicchetto del ct nelle orecchie e forse sospinti anche dalla necessità di salvare l'onore davanti ai 7mila tifosi e i rappresentanti della loro corona schierati in tribuna. Siamo ancora e sempre quelli di Oslo capaci almeno per un tempo, il primo, di mostrare una vitalità promettente incarnata da quel giovanissimo ragazzo capace di far sognare a occhi aperti le legioni interiste, Pio Esposito. Durare un tempo solo è già un limite inquietante e non vale certamente invocare la storia della pioggia per giustificare quel cedimento avvenuto durante la ripresa in cui nessuno riesce a opporre una fiera resistenza. Siamo ancora quelli di Oslo umiliati dai 4 ceffoni e per fortuna questo risultato spazza via tutte le discussioni sui criteri di qualificazione mondiale che offrono l'impressione di attaccarsi al fumo della pipa. Specie l'organizzazione difensiva, mai chiamata in causa nella prima frazione, mostra tutti i limiti che devono rappresentare un monito non soltanto per la Nazionale ma anche per i rispettivi club. Se non hai la benzina per reggere il confronto dopo aver messo sotto il rivale, allora bisogna prendere atto di un altro limite e decretare in maniera pubblica e solenne che la Norvegia, ieri come oggi, a giugno come a novembre, è in grado di metterci sotto e di regalarci la seconda pesante sconfitta senza appelli. Per questo motivo l'appuntamento di giovedì con l'urna della Fifa assume un rilievo maggiore rispetto anche all'esito della serata milanese.
Siamo in grado di scollinare due rivali, il primo di media entità e il secondo invece di maggiore spessore? La risposta, amara e consapevole, è un pessimistico no. A meno di scoprire lungo la strada dei prossimi mesi delle energie che oggi nessuno intravede perché questo è il meglio che il calcio italiano può offrire alla Nazionale.