La Juventus alza la voce, grida presente con una prova di forza e approfitta del pareggio tra Napoli e Inter per tornare a distanza di una partita dalla vetta. L’impresa di Udine è di quelle che magari non ti possono cambiare una stagione, ma sicuramente ti fanno svoltare in un momento che si era fatto delicato in casa bianconera. Soprattutto è un segnale per il modo in cui arrivano i tre punti. Stravincere con un uomo in meno per oltre un’ora in casa dell’Udinese non è da tutti.
La Signora rabbiosa dopo i passi falsi con Atalanta e Lazio manda un messaggio al campionato: dopo sei scudetti vinti di fila con la difesa, si può provare a conquistare il settimo con l’attacco. Anche se Buffon avverte: «Con i 6-2 secondo me i campionati non si vincono». Intanto la Juve viaggia alla media di tre gol a partita, per un totale di ventisette, uno in più anche del Napoli delle meraviglie. C’è una nuova via per il tricolore anche perché la squadra bianconera insiste nelle amnesie difensive. Come quella che dopo otto minuti manda in gol Perica. Rugani sbaglia, Chiellini non interviene e così la partita è in salita. Che poi è un’altra costante del periodo: la Signora si presenta sempre in ritardo. Era successo con la Lazio dopo l’intervallo, è successo con lo Sporting in Champions, e appunto ieri. Stavolta la reazione è veemente perché la squadra capisce che non può più sbagliare. Una mano la dà Samir con un incredibile autogol. Poi Khedira la ribalta dando via alla sua personalissima e unica serata che si concluderà con una tripletta. Serve dunque un “K” per tenere collegata la Juve, che per Allegri ogni tanto si disconnette, in una partita in cui il Var in versione Ponzio Pilato decide di lavarsi le mani e non decidere mai. A partire dall’episodio che porta all’espulsione di Mandzukic: dal possibile rigore e rosso ad Ali Adnan che falcia il croato al momento del tiro, si passa alla Signora ridotta giustamente in dieci, plateale la protesta di Mario, ma con la partita saldamente in mano, convincente nella reazione anche sul piano del gioco. Allegri poi scherzerà ma non troppo: «Ho ringraziato Mandzukic perché avevamo bisogno di giocare in dieci, di fare una gara di sofferenza. È una bella risposta».
Comunque l’episodio rianima l’Udinese e solo le parate di Buffon tengono a galla una squadra che deve raddoppiare gli sforzi per sopperire all’inferiorità numerica, ma non si piange addosso e lotta. Nonostante le fatiche di coppa perché Allegri rispetto allo Sporting cambia solo gli infortunati: Sturaro e Benatia. Soprattutto per la seconda volta di fila l’allenatore bianconero inizia senza nuovi acquisti. A conferma che Udine era un crocevia importante. Sei gol la Juve l’ultima volta li aveva segnati a Pescara cinque anni fa. Stavolta li fa per rialzarsi anche dopo il pareggio di Danilo a inizio ripresa con il Var che resta ancora una volta muto e non segnala il fuorigioco, ma non parlerà nemmeno per un rigore a favore dell’Udinese nel finale. Dei sei gol, quattro arrivano dopo il 2-2, la squadra di Delneri (espulso) si spegne dopo il pari, e con l’uomo in meno e dicono più di qualcosa. Rugani, Khedira che fa bis e tris e poi Pjanic chiudono il set con un secondo tempo che incoraggia, anche perché Buffon non deve più fare parate. Le vie del pallone sono infinite e vincere con nessuno dei sei gol segnato da un attaccante è alquanto curioso ma ci può stare in una partita in cui succede di tutto. Higuain e Dybala sono pronti a fare anche i mediani, solo Alex Sandro si conferma disconnesso in una Signora alla quale Allegri non vuole cambiare il dna: «La Juve deve difendere seria e giusta come dopo il 3-2.
Non siamo cambiati: gli interpreti sono gli stessi. È questione di voglia e disponibilità». Aspettando la difesa, c’è il pallottoliere per i gol: «Di solito lo scudetto lo vince la miglior difesa, proveremo a invertire la tendenza. Comunque ci serviva una gara così».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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