
I punti chiave
Facciamocene una ragione: "È la mia vittoria più bella". Sono le parole di Carlos Alcaraz dopo il suo secondo UsOpen, e fanno seguito a quelle di Jannik Sinner, realismo puro di una partita che non poteva finire che così: "Ho fatto del mio meglio, non è bastato". Da ieri, dunque, i due fenomeni del tennis si sono scambiati le posizioni ed ora è lo spagnolo ad avere "il bersaglio sulla schiena". Peccato, ovviamente, ma se c'è una volta in cui Jannik è sembrato sereno (per quanto possibile) dopo un ko è proprio questa: la grande rivalità darà altre grandi occasioni ("ormai vedo più te della mia famiglia", ha scherzato Carlitos), e da questa piccola crisi nasce una grande opportunità. E visto che è inutile adesso addentrarsi nei calcoli del ranking, l'italiano ha troppi punti da difendere da qui a fine anno, meglio fare programmi. Per cui "è arrivato il momento di cambiare qualcosa", ha detto Sinner con grande sincerità. Ecco cosa, in cinque parole.
SERVIZIO
Il grande imputato di New York: "Quando la tua battuta è sotto il 50% di prime sei sempre sotto pressione - ha ammesso Jannik - soprattutto con Carlos o Novak che rispondono benissimo". Le statistiche nel tennis non dicono tutto, ma in questo caso dicono molto: 2 aces contro 10 di Alcaraz, 4 doppi falli contro zero, soprattutto il 48% di prime (contro il 61) con una percentuale di successo del 69% (contro l'83). Poi è anche una questione di momenti: nelle difficoltà lo spagnolo ha servito le sue palle migliori, Sinner nei suoi turni è invece partito quasi sempre in svantaggio e ha fatto doppia fatica. Su questo colpo i miglioramenti ci sono stati ma non del tutto, che fare di più? "Cambierò alcune cose: piccole, ma che possono fare una grande differenza".
LE VARIAZIONI
"Ogni giocatore ha il suo stile. Il mio è proprio la varietà: sento di poter fare tutto in campo, slice, palle corte, top spin, colpi piatti. Sento di poter arrivare su ogni palla, questo mi dà fiducia e sicurezza". La spiegazione di Carlos è la chiave da trovare: Jannik lo sa e si metterà al lavoro. "Io non sarò mai come lui, sono molto solido da fondo, colpisco forte, sono un buon giocatore", ha detto sorridendo. Buonissimo, ma perfettibile: "Devo uscire dalla mia comfort zone per diventare un giocatore migliore". La frase, detta così, gli fa onore, anche se poi ogni volta che ha detto di cambiare è successa una mezza rivoluzione (anche intera).
LA TESTA
Concetto legato al precedente. C'è qualcosa che, ogni tanto, scatta nella mente di Jannik quando le cose non vanno come vorrebbe. Lo si capisce dal suo linguaggio del corpo, che diventa come un freno psicologico per tentare qualcosa di diverso. Non a caso spesso la difficoltà viene risolta con le parole giuste di Simone Vagnozzi: "Oggi è così, metti tutto quello che hai" gli ha detto contro Shapovalov, per poi aggiungere "questo sei tu" al primo punto di Sinner. Il problema? Si chiama troppo perfezionismo. Si può guarire.
IL FISICO
Di sicuro il ragazzo altoatesino non diventerà mail l'incredibile Hulk. Il discusso ritorno di Umberto Ferrara come preparatore nasce dalla paura di infilarsi in un altro percorso inesplorato come quello con Marco Panichi, che umanamente non ha funzionato. Però, se facciamo un raffronto con Carlos, c'è di sicuro una fragilità che fa differenza. Il ginocchio, il gomito, gli addominali e poi i virus: troppe volte abbiamo visto il medico ai cambi di campo. Non che Alcaraz non abbia avuto guai (soprattutto nel 2024), eppure sembra sempre Ercolino pronto alla battaglia.
LA VITA
Sì, c'è vita oltre il tennis. E questo, oltre a un modesto consiglio, è anche un aiuto che dobbiamo dargli: se lo spagnolo va a Ibiza a festeggiare diventa simpatico, se Jannik va in Sardegna con la fidanzata finisce che "ecco poi perché...".
È un ragazzo: lasciamolo vivere e impari anche lui a farlo al di fuori del suo team. Il mondo è pieno di gente a cui dare fiducia, metta in conto anche questo. "Cambierò, ma non aspettatevi che diventi mancino": essendo pure spiritoso, sarà facile farlo. E poi, alla prossima finale...