Alla Juve la sinistra non va al potere, ma per loro è un problema. Poi c'è di peggio: la Juve fa di tutto per rendersi antipatica. Ci sta nella logica di qualunque sport: chi vince si conquista antipatie sportive. Ma ora la Juve sta lavorando su due fronti: in campo e fuori. In campo è antipatica come vuol regola sportiva, ancora la numero uno nonostante le gelate di gennaio, nel senso dei risultati. Poi, certo, attendono passaggi cruciali: Chievo-Fiorentina-Celtic-Roma. Passaggio a nord ovest, pericolo tempesta.
Peggio quel che succede fuori campo: ruvida, eccessiva con l'altra faccia del calcio, che si tratti di arbitri o avversari. Valga per tutto la strafottente ironia di Antonio Conte davanti agli episodi dubbi della semifinale di coppa Italia contro la Lazio. Le sceneggiate di sabato sono costate squalifiche. È partito un ricorso per Bonucci e Marotta, non per Conte: un segnale? Ma pare che il tecnico, appena recuperato alla panchina e alla parola, dopo una squalifica per omessa denuncia, voglia recuperare il tempo perduto. «Il fallo su Vucinic? Si tuffa. Ha cercato di truffare l'arbitro... Il fallo su Klose? Rigore nettissimo. Viene colpito con violenza, rigore netto. L'episodio di Giovinco? Sviene anche lui, doveva essere espulso. Non può cercare di ingannare così l'arbitro...». Ecco la sintesi di un umorismo mal riuscito, comunque più protervo che convincente. Conte poteva usare valutazioni tecniche e spiegazioni da allenatore.
Ormai l'incapacità ad accettare qualunque decisione, qualunque parere che non lo favorisca, l'irrisione ad un mondo nel quale ha vissuto e che gli ha dato regole da rispettare, è la costante di un allenatore che gli amici descrivono simpatico e perfino goliardico, ma che evidentemente indossa una maschera davanti al resto del mondo.
Da qualche tempo la Juve vive tra nervi tesi e idee poco chiare: si parli di formazione, di gestione delle difficoltà (infortuni) e di mercato. Non basta la recente assenza di Pirlo a spiegare tutto. Di solito nel calcio il corto circuito arriva quando mancano risultati. La Juve, abituata a saziarsi di vittorie, sta faticando. Per esempio, non è mai riuscita a battere la Lazio: è un segnale. Poi ci sono gli errori. Lo ha ammesso con stimabile umiltà Claudio Marchisio che, per qualche tempo, si sognerà il gol mancato contro la Lazio. «Mi dispiace, non potevo sbagliarlo» ha scritto su facebook. «Abbiamo avuto occasioni per andare in finale, purtroppo non è andata. Dobbiamo dare molto di più, io per primo». Sarà il sangue da juventino vero, sì quella Juve con un certo stile, ma questo è un modo di parlare molto più convincente e, per i tifosi, rassicurante. Sarebbe stato curioso conoscere il pensiero di Giovinco.
I conti del 2013 non tornano: in 7 partite le sconfitte sono due (1 in coppa Italia), 3 pari e due vittorie (Milan in coppa Italia ai supplementari e Udinese). In campionato, escluso il 4-0 ai friulani, la Juve ha sempre segnato un solo gol: appena 5 con le punte. E la difesa scricchiola, magari al primo tiro in porta: perfino Buffon è caduto nelle papere. L'acquisto di Peluso per sostituire Chiellini è una soave barzelletta. Il poveretto ha reagito come Lucio: svarioni da far girare la testa. Sarà un caso, ma alla Juve la sinistra non va al potere. Per logica aziendale e padronale, penserà qualcuno. Ma da quella parte sono sempre guai e problemi non risolti, specie in assenza di Chiellini e Asamoah.
Il confronto con la Juve dell'anno scorso (tra fine dicembre e metà febbraio) racconta di 3 vittorie e 4 pari. Non esaltante anche allora, ma Conte carica il lavoro in questo periodo per venirne fuori in zona Champions. Quest'anno fanno più bottino i gol sbagliati. E chi aiuta-aiuterà la squadra a non tirarsi sempre il collo? Ecce Anelka, con un fisico bestiale e poco altro. Alla Signora serve un killer del gol.
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