nostro inviato ad Appiano Gentile
«Mi è piaciuto subito tutto e mi sono sentito carico. Perché Moratti ha scelto me? Perché sono proprio l'uomo che cercava».
Nessuna frase in dialetto, cura dei dettagli, cultura del lavoro, sacrificio, cancellate le amichevoli, a Pinzolo 15 giorni con doppia seduta quotidiana, per saltare un allenamento occorrerà essere paralizzati: «Altrimenti bisogna farlo e andare a mille». Quello che non ha detto, e nessuno gli ha chiesto perché tanto non avrebbe risposto, è la data: da quando sa che allenerà l'Inter?
Siccome a pensare bene spesso ci si azzecca, Mazzarri lo sa da una vita, probabilmente da quando all'inizio della scorsa stagione disse che avrebbe potuto concedersi un turno di riposo. O magari prima ancora, quando Moratti licenzia Ranieri e mette il giovane Stramaccioni a dieci dalla fine. Poi l'anno di assoluta transizione con il fair play finanziario che incombe, Moratti sapeva che quell'Inter non sarebbe andata da nessuna parte ma era già tutto pronto. Subito l'arrivo di Fassone testa di ponte, e un piano di riserva con Leonardo, supervisor e in caso di catastrofe di Stramaccioni pronto ad andare in panchina. La catastrofe c'è stata ma Mazzarri con la valigia pronta, aveva già dato ampi segnali a De Laurentiis: «Vorrei fare una precisazione, non ho tradito nessuno - ha ribadito all'atto del suo insediamento -. Lasciare Napoli è stata una scelta a sé stante. Concludere lì dopo quattro anni il mio ciclo è una decisione maturata all'inizio della scorsa stagione, De Laurentiis mi propose il prolungamento e io rifiutati. Poi venne l'Inter». Tutto vero. Moratti è arrivato dopo, ma molto prima di quanto si pensi. Se qualcuno desidera si riguardi Inter-Napoli del 9 dicembre scorso, 2-1, l'ultima vera in campionato dei nerazzurri. Cassano devastante, Guarin cancella Behrami, Napoli all'assalto per tutto il secondo tempo, partitone e mai visto Mazzarri così calmo. In camicia a dicembre, ma calmo, eppure si stava giocando lo scudetto.
Emozionato però l'impatto è stato buono, nessuna domanda sgradevole, molto fair play, il resto l'ha raccontato lui: «Credo che i giocatori abbiano reso meno delle loro potenzialità. Lavorerò sull'autostima, qui non ci sono giocatori vecchi. Se mi chiedete dei giovani vi dico che se la società mi chiede di fare 50 punti, io schiero la Primavera tutto l'anno. Ma se devo dare fastidio a Juventus, Napoli, Milan, Lazio, Fiorentina e Roma, allora metto quelli che mi fanno i punti. Nel calcio occorrono i risultati altrimenti sei finito, poi si può parlare di progetto». Parole sante, per Moratti e i tifosi.
Poi la squadra: «Ho salutato i miei giocatori nell'ultima all'Olimpico. Non vi chiamerò più, ho detto, per rispetto al nuovo allenatore. Questi li valuterò prima di dare giudizi, il passato è passato, si tira una riga. Prima di trovarci sul campo avrò con loro un incontro personale di mezz'ora. Se ho dei punti fermi da cui partire? Ogni allenatore ha dei punti fermi. Sono un tattico che ha sempre dato un gioco alla sua squadra, e un accentratore, punto di riferimento di tutti i collaboratori che la società mi mette a disposizione». Uno però l'ha già sentito, telefonicamente.
E a Cassano ha dato ampie garanzie. Frasi secche, concetti chiari, è il 19° dell'era Moratti, il 6° del dopo Josè: «Mourinho? Ogni allenatore è un artista. C'è stata qualche scaramuccia, ma io sono un ottimista, lascerò il segno».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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