Il sorvegliato speciale La partita in tribuna del tecnico squalificato

Quando il londinese mister Wells scrisse sul finire dell'Ottocento "L'Uomo invisibile" di certo non avrebbe immaginato che nei favolosi anni Duemila un leccese avrebbe interpretato, proprio a Londra, il ruolo dell'uomo senza volto e senza corpo ma presentissimo. Antonio Conte allo Stamford Bridge c'era ma non c'era, le telecamere lo hanno inquadrato nel prepartita e aveva l'espressione dello scolaro punito e spedito dietro la lavagna, lo sguardo basso, la smorfia corrucciata sulla bocca, mentre qualche metro più in là Michel Platini, presidente dell'Uefa, si accomodava sul trono, sorridendo, accompagnato da signora e dalla corte di protocollo. La Juventus per lui è un ricordo e basta, il conflitto di affetti sarebbe pericoloso e inopportuno.
Serata da clandestino per l'allenatore squalificato, seduto nell'ultima fila in alto, al suo fianco Paratici che in verità è assistente di campo e di mercato di Marotta Giuseppe. Serata strana, non proprio comprensibile perché le leggi del football sono strane e tali rimangono, Conte è stato con i suoi fino alla partenza dell'autobus dall'albergo, severamente vietato l'accesso, per lui, alle cosidette venues, ai siti ufficiali, spogliatoio, sala vip, palestra, fuori, banned, proibito l'ingresso.
Dunque coitus interruptus, un bacio alla Signora e via, Conte se ne è andato laddove gli è permesso, in Italia e in Europa e nel resto del mondo, mentre la sua Juventus provava a ritrovare idee e spirito, gli ingredienti che fino all'ultima stagione Conte provvedeva a iniettare durante l'ora e mezza di gioco.
Di sotto, in campo, Massimo Carrera ha recitato la parte della controfigura, dell'attore non protagonista, dell'Uomo visibile ma impalpabile perché la testa e gli occhi di tutti gli juventini andavano alla ricerca del titolare dell'ufficio. La cui assenza incomincerà a farsi sentire, perché la partita di football è respiro continuo, è affanno, è urlo, è carica, è recita teatrale, è cambio repentino di idee e di decisioni, tutto quello che Conte ha messo nel cassetto, almeno fino all'ultima sentenza del tribunale, alla voce Tnas.


Novanta minuti sono sembrati lunghissimi, dieci mesi, il tempo di una condanna che pesa sulle spalle sue e della Juventus.
L'alunno Conte, in castigo, ha continuato a massacrarsi con i denti le unghie delle mani, quasi ranicchiato nella giubba, per vergogna, per rabbia. Sa che, come a teatro, si replica.

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