Oltre a condizionare le nostre vite e, in molti casi, a metterle a rischio, l'emergenza coronavirus sta condizionando pesantemente anche il calcio e più in generale lo sport nel nostro Paese. Il nuovo decreto della presidenza del Consiglio introduce limitazioni divise per settori geografici. Nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e nelle province di Pesaro-Urbino e Savona è prevista la «sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, sino all'8 marzo 2020, in luoghi pubblici o privati». Restano consentiti eventi, competizioni e allenamenti ma in impianti a porte chiuse con tanto di divieto di trasferta dei tifosi residenti in Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e nelle Province di Pesaro e Urbino e Savona.
E il calcio è nel caos. E ad ascoltare il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora il problema è tutto del pallone. «La Lega di Serie A è autonoma, adesso ha un calendario che può cambiare come vuole, rimandi le partite di Coppa Italia, faccia giocare quelle che non si sono giocate. Pretendo la regolarità del campionato, non voglio ombre, si organizzino». E ancora: «Molti speculano dicendo che sono decisioni del Governo ma lo sport è totalmente autonomo. Se c'è qualche squadra che ritiene di essere stata penalizzata, lo dica in Lega». Che tradotto significa: il governo pensa ad altro, al calcio pensi il governo del pallone. Che resta confuso. Come nel caso di Sampdoria-Verona, prevista per questa sera. Il governatore ligure Toti annuncia che, per motivi sanitari, non si può giocare a porte aperte. E la Lega in serata decide il rinvio per adeguarsi alle gare di sabato e domenica.
Mentre il presidente del Piemonte Cirio specifica che Juventus-Milan di Coppa Italia «si potrà giocare regolarmente» ma con le limitazioni alle trasferte previste dal decreto.La politica da una parte, il calcio dall'altra. E se è vero che prima di tutto viene la salute, è altrettanto vero che il pallone in questo momento non sembra godere di ottima salute.
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