Galliani lo aveva «bloccato» nel 2010, come lo stesso allenatore ha rivelato in una recente intervista, salvo poi liberarlo per scegliere Allegri. Moratti ci aveva fatto un pensierino l'anno scorso, decidendo però di confermare il «baby» Stramaccioni. Persino i dirigenti della Juventus hanno annotato in questi anni il suo nome sul taccuino. Ma dai tempi del suo divorzio traumatico con la Roma (era il 2009), Luciano Spalletti vive invece il suo «esilio dorato» in Russia, sponda San Pietroburgo, forte di quello stipendio da 4 milioni netti garantito dalla Gazprom, proprietaria e sponsor dello Zenit. Anche se con la sua famiglia abita in un appartamento ordinario di due camere con una cucina e ha una Audi Q5 e non sembra pensare all'ingaggio stellare.
Ora che la squadra russa stenta in campionato (è solo sesto dopo 10 giornate con una vittoria nelle ultime 5 sfide), ha già rimediato una bella lezione nella prima di Champions (0-3 a Malaga) ma anche alcuni suoi colleghi italiani non se la passano molto meglio, ecco che il suo nome torna di attualità, soprattutto dalle parti di Milanello. Dove la fiducia ad Allegri sembra sempre a tempo. «Nessun rischio imminente, ma tutti dipendono dai risultati», ha ribadito Galliani prima della partenza della squadra per la trasferta in Russia. Il destino propone così uno Zenit-Milan in un momento difficile per entrambi i tecnici e con un possibile futuro passaggio di testimone che sarebbe clamoroso.
Spalletti, con l'avvicinarsi del match di Champions, si è subito affrettato a scacciare i cattivi pensieri. «Quando si parlò di Milan, Inter e Juve dissi che non intendevo lasciare lo Zenit. E anche quest'anno dico lo stesso - ha precisato il tecnico dei russi -. Se proprio dovessi farlo, ciò avverrebbe in una situazione confortevole e ideale per il club, mentre adesso abbiamo delle difficoltà. Naturalmente, lo Zenit potrebbe mandarmi via, ma quello è un altro discorso. Devo molto a Miller (Aleksey Miller, il patron della Gazprom, ndr) perché ha sempre dimostrato fiducia in me». A lui Spalletti ha strappato nel febbraio scorso un prolungamento del contratto fino al 2015 con un ruolo da manager.
Si parla però di un patto - sempre smentito dal diretto interessato («non esiste alcuna clausola rescissoria») - con i dirigenti del club di San Pietroburgo: se arrivasse un'offerta dall'estero, Spalletti potrebbe rescindere il contratto e partire. Il periodo in casa dello Zenit è a dir poco movimentato. Tutto è iniziato con l'arrivo di Hulk e Witsel, strapagati anche a livello d'ingaggio, un arrivo che ha provocato malumore tra i giocatori più rappresentativi della squadra. Il bomber dello Zenit e della Nazionale russa Kerzakhov e il centrocampista Denisov, «gelosi» del brasiliano ex Porto, si erano rifiutati di giocare se prima non fosse stato rinegoziato il loro stipendio ed erano stati messi fuori rosa da Spalletti. Dopo la pace tra Kerzakhov e il tecnico italiano (l'altro ribelle non ha chiesto scusa e potrebbe restar fuori anche domani), c'è stato anche il falso allarme bomba al campo di allenamento dello Zenit: un pacco con un ordigno finto e con una foto di Hulk con la scritta «vattene da qui».
Una situazione incandescente, quindi, che ha fatto finire nella bufera l'ex allenatore della Roma, che pure allo Zenit ha già vinto due campionati russi, una Coppa e una Supercoppa nazionale. Lui pensa a preparare al meglio la sfida con il Milan. «Abbiamo grandi potenzialità, al momento stiamo giocando al di sotto delle nostre possibilità», così dopo il pareggio casalingo di sabato con la Lokomotiv Mosca.
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