Caduto il sindaco è caduto anche il capitano. Si può fare a meno di Marino ma che accadrà alla capitale senza Totti? Niente giubileo per la Roma del pallone ma strilli borgatari, finisce la storia di un campione, finisce per decisione di un toscano di Certaldo, Spalletti Luciano che si dichiara contrario all'unione civile con Totti Francesco, il rapporto tra i due si chiude come in una lite di cortile, non si sa ancora chi per primo abbia pronunciato la frase lei non sa chi sono io, si conosce invece il cognome di chi l'ha pronunciata per ultimo: Spalletti. Totti è andato agli arresti domiciliari, si fa per dire, umiliato davanti ai suoi sodali che, riferiscono le agenzie erano increduli, perché a Roma può venire giù il Colosseo, oltre al sindaco, possono esserci due papi, ma una sola cosa è certa, anzi era certa: Totti non si discute, mai. Invece è accaduto, la caduta dell'impero tottista, che è come l'impero romano, anzi romanista.
Totti ha trentanove anni, altre grandiose figure, prima di lui, erano scese dalla giostra, alcuni trasferendosi in luna park all'estero per evitare fischi e figuracce; in ordine sparso: Paolo Maldini, Platini, Zidane, Del Piero, Xavi, Pirlo. Rispetto a questi diversamente giovani, Totti ha deciso di essere ancora pronto e presente, mai avendo tradito la mamma, dunque la Roma, mai accettando offerte sontuose di club importanti, sicuro di poter restare in casa anche dopo la scadenza del contratto di affitto, nel prossimo mese di giugno: come dirigente. Così gli aveva promesso, in momenti di euforia, James Pallotta, il presidente che vive a Boston e giura di essere innamorato di Roma, forse anche della Roma. Poi, improvviso, il colpo di scena: Spalletti ha acceso un riflettore e Totti si è ritrovato nudo, spogliato dell'immagine sacra che aveva saputo costruire con un numero incredibile di gol, con un atto di fedeltà eterna, con la passione e la serietà di sempre.
Quattro minuti contro il Real Madrid, come un toro ubriaco di morte e poi il licenziamento di ieri. Un pupone sgonfiato e un allenatore montato. Non vedo vincitori in questa storia gestita in modo parrocchiale da una società quotata in Borsa ma senza il titolo per risolvere una vicenda, delicata sì, ma trasformata in una bega tra zitelle inacidite. Totti ha commesso l'errore di rilasciare una intervista (critica nei confronti del tecnico), senza autorizzazione del club, infrangendo, per primo, il regolamento, ma Spalletti ha aggiunto il carico da undici della propria personalità grigia: ha scelto il confronto personale e privato con il giocatore invece di richiamarlo alle responsabilità dinanzi all'intera squadra, come dovrebbe fare un capo che esige il rispetto delle regole.La Roma esce squinternata e squadernata, la giostra di Totti è arrivata a fine corsa, Francesco deve scendere e smetterla con i capricci di chi si mette il pollice in bocca. Ma Spalletti non pensi di essere il titolare del luna park. Gli allenatori dimenticano spesso un particolare: non gestiscono soltanto calciatori ma patrimoni a bilancio del club, dunque costi economici che vanno salvaguardati. Totti ieri è andato all'Olimpico, si è unito ai compagni nello spogliatoio, ha rispettato il proprio ruolo di tesserato ma nel suo armadietto soltanto un appendiabiti vuoto, un'assenza-presenza, piena di voci, di sospetti, di illazioni.Poi ha raggiunto il palchetto in tribuna, come un ex e il popolo romanista lo ha cercato, ha invocato il suo nome, il re in esilio ha ringraziato, con una smorfia di imbarazzo.
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