Sponsor, soldi, vendita e patron che smentiscono Inter, torna il Morattismo

Dalle voci su nuove risorse e soci alla stretta sul mercato. Zhang jr costretto subito a intervenire

Sponsor, soldi, vendita e patron che smentiscono Inter, torna il Morattismo

È tornata l'Inter dei tempi d'oro. Non tanto quella degli scudetti, benché ieri Antonio Conte abbia finalmente preso atto che questo scudetto andrebbe vinto («abbiamo il dovere assoluto di crederci»), bensì quella del morattismo dove era vero tutto e il contrario di tutto e Moratti, appunto, si divertiva a metterci del suo per annebbiare le idee. Qui la questione è più semplice: da tempo si inseguono voci, talune documentate, sulla caccia al soldo da parte della dirigenza nerazzurra. Ieri addirittura si è parlato di una ipotesi di vendita che ha fatto precipitosamente scendere dal letto il giovin presidente Zhang per una smentita tipica di tali situazioni. Poi sappiamo bene che smentisci oggi quel che non smentirai domani. In casa Inter, come altrove, è già successo: Moratti faceva scuola con i tecnici e cominciò a smentire la vendita del club nel 2009 (ceduto nel 2014). Thoir imperversò sulle vicende societarie.

Del resto il calcio è un business gigantesco e costoso e, in tempo di Covid, i bilanci tendono allo sprofondo rosso. Niente di male andare a caccia di un nuovo sponsor al posto di Pirelli, oppure di un socio al quale cedere una partecipazione azionaria e, chissà mai, uno strizzar d'occhio al prendersi tutto. Anzi, certe voci giornalistiche servono: pubblicità gratuita. Per assurdo, ma non troppo, l'Inter è gestita prima dal governo cinese, poi dagli azionisti padroni per la parte finanziaria. E il governo ha detto stop al dilapidar di milioni. Non c'è da stupirsi quindi se oggi il club, non ufficialmente in vendita, fra un paio di anni (o anche meno) potrebbe smentire la smentita. Suning ha capito da tempo che il business calcio è troppo costoso e per nulla un affare. Ma cedere non è semplice: chi mai può mettere un miliardo e 200 milioni secchi al pronti via. Eppoi fare campagna acquisti? Da qui il piano del braccino: prima vendi poi compri, stesso progetto messo in atto da Moratti negli ultimi anni. Nel 2017 anche Spalletti capì al volo che non erano previste spallate a suon di capitali. Conte ha ottenuto molto di più, non altrettanto nei risultati. E allora indietro tutta. Nelle ipotesi di ieri si parlava di un mandato di vendita a Rotschild, ma i diretti interessati hanno smentito. In realtà, in Cina, Goldman Sachs e J.P Morgan hanno più appeal, tanto che Suning si è affidata a loro per la gestione del rifinanziamento di bond da 300 e 75 milioni. Peccato! Sarebbe stato curioso se le due milanesi, oggi in testa al campionato (ma una con dispendio di danari nettamente inferiore), avessero avuto l'appoggio della stessa banca d'affari: soprattutto perché Paolo Scaroni, presidente rossonero, è il numero due di Rotschild Italia. Però tutti sanno bene che in affari gli scompartimenti sono rigorosamente separati. Come la corsa al campionato che l'Inter riprende oggi, sapendo che i problemi finanziari sono ben più difficili da gestire rispetto ad uno scudetto da conquistare. La società, di recente, ha pagato stipendi arretrati, ha tempo fino a metà febbraio per i mesi di novembre e dicembre.

In aggiunta chiederà ai calciatori un taglio degli emolumenti intorno al 10%, magari da spalmare negli anni. Effetto Covid: anche il Real Madrid ha proposto il medesimo sacrificio alle sue squadre. Ma il Real non è in arretrato di scudetti e coppe.

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