Sport e maledizioni Compie 100 anni la più cattiva di tutte

L'anatema di Babe Ruth ceduto da Boston: «Non vincerete mai più le World Series»

Sport e maledizioni Compie 100 anni la più cattiva di tutte

Si racconta che l'impresario teatrale Harry Frazee, il quale a quel tempo possedeva i Red Sox, lasciò andare Babe Ruth ai rivali dei New York Yankees in cambio di $125.000 per finanziare un musical di Broadway intitolato No, No, Nanette. Molte volte, dicevano gli antichi, seguire le proprie passioni è la chiave del successo. A dire il vero, nello specifico caso di Harry Frazee e dei suoi Boston Red Sox, quella separazione fu l'inizio della fine. Perché cent'anni fa, il 5 gennaio 1920, veniva annunciata alla stampa la trade che portò Babe Ruth agli Yankees. Fin qui nulla di strano, se non fosse che il grande Babe, nell'abbandonare Boston (l'accordo tra i club era stato trovato il 26 dicembre 1919), lanciò indignato un autentico anatema nei confronti della sua ex squadra: «Voi non vincerete mai più le World Series». È la famosa maledizione del Bambino (da Babe «bambino», il soprannome di George Herman Ruth). Da quel momento, infatti, ebbe inizio un periodo d'oro per gli Yankees, che grazie a Babe Ruth vinsero quattro titoli delle World Series. I Boston Red Sox, invece, colpiti dalla «Maledizione del bambino», ne persero quattro alla settima e decisiva partita e restarono all'asciutto fino al 2004 per un totale di 86 anni visto che l'ultimo, con Babe, datava 1918.

Ma il bello dello sport è che sfatato un tabù storico ce n'è subito un altro pronto ad essere infranto. Nel 2016, infatti, il trionfo alle World Series dei Chicago Cubs ha scacciato via la maledizione di Billy Goat, che durava da 71 anni. Tutto ebbe inizio per colpa di William Billy Sianis, un immigrato greco tifoso dei Chicago Cubs che era solito recarsi allo stadio con il suo capretto (dall'inglese «goat»). Nel 1945, però, durante le World Series con Detroit, i proprietari indispettiti dalla puzza dell'animale impedirono a Billy Sianis di assistere a gara-4. «Perderete le World Series e non le vincerete mai più», sentenziò Billy in una lettera al veleno che scrisse ai dirigenti della squadra del cuore. I Cubs persero davvero quella finale e soltanto nel 2016, dopo un'attesa infinita di 108 anni, tornarono a vincere un titolo. Sempre nel 2016 i Cleveland Cavaliers di LeBron James cancellarono la maledizione della «città che non ha mai vinto un titolo nazionale». Quel «Cleveland this is for you» di un James in lacrime resta una delle immagini più belle e celebri della pallacanestro a stelle e strisce.

Non tutti, però, riescono ad esorcizzare le maledizioni. Come Vitas Gerulaitis, che affrontò in dodici occasioni Bjorn Borg e perse sempre. Goran Ivanisevic, dopo il trionfo a Wimbledon, dichiarò: «Se vinco, non gioco più». E fu davvero così, ma per via degli infortuni. Il Settebello, strano a dirsi, in 18 occasioni non ha mai vinto la World League. Un paese nordico come la Danimarca, altra sorpresa, non ha mai vinto un oro olimpico ai Giochi invernali. Più tragico quanto accaduto ai due Ascari, Antonio e Alberto, padre e figlio, morti al volante nello stesso maledetto giorno e alla stessa età.

Il Benfica, dal canto suo, non ha ancora esorcizzato la profezia di Béla Guttmann, l'allenatore ungherese che se ne andò sbattendo la porta soltanto dopo aver scagliato un anatema secolare il 1° maggio 1962: «D'ora in avanti il Benfica per almeno 100 anni non vincerà più una coppa internazionale». Così è stato: otto finali perse in cinquant'anni. Una in più della Juventus, che dal 1973 al 2017 ne ha perse ben sette. La maledizione continua.

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