Sport «giovani», spettacolo garantito ma quanta gente finisce all'ospedale

Sport «giovani», spettacolo garantito ma quanta gente finisce all'ospedale

Le chiamano discipline giovani. Le hanno volute ai Giochi per rialzare l'interesse verso i cinque cerchi d'inverno e provare a mantenere alta l'attenzione, anche quando il sipario olimpico cala. Eppure a fare il boom è stata solo l'infermeria olimpica, presa d'assalto da atleti acciaccati, caduti, inciampati. Alcuni anche in gravi incidenti. Vittime del "pipe", il mezzo tubo dove esibirsi in trick mozzafiato. I Giochi di Sochi hanno aperto le porte ad alcune nuove discipline fra cui lo slopestyle, letteralmente lo "stile in pista", da eseguirsi sia con gli sci, sia con la tavola, ma queste gare, come le più tradizionali del freestyle, salti e gobbe, e dello snowboard-cross e dello ski-cross, presenti nel calendario olimpico ormai da diverse edizioni, stanno mietendo vittime eccellenti.
Gli impianti di Sochi di freestyle e snowboard avevano già fatto storcere il naso ad un grandissimo come Shaun White, il campionissimo americano che, il primo giorno di prove dello slopestyle, si era fratturato il polso. Aggiungete che la neve quest'anno non aiuta nemmeno i funamboli dello stile, costretti a partire ed atterrare su superfici saponose e traditrici. Ed ecco servito il bollettino medico: in casa azzurra due giorni fa si era già temuto per Emanuele Perathoner che si è rotto un polso in allenamento su un salto, ma potrebbe essere in pista oggi con un tutore. Ieri l'incidente più grave è toccato alla 18enne Michela Moioli. Arrivata in finale nel boardercross con buone ambizioni di bronzo, è caduta negli ultimi metri, rompendosi il crociato sinistro. Moioli, una delle nostre speranze più giovani e allegre, sarà operata in Italia e per molti mesi starà lontano dalle piste. Una pesante eredità olimpica per chi, come lei, già 20 giorni prima di Sochi si era lussata la clavicola.
Nello ski-cross è andata molto peggio alla russa Maria Komissarova, che rischia la paralisi e due giorni fa è stata operata alla spina dorsale per 6 lunghe ore. L'Extreme Park di Rosa Khutor, di nome e di fatto, ha piegato anche la norvegese Helene Olafsen atterrata di schiena e l'americana Jacqueline Hernandez, finita di testa nella neve. Entrambe incoscienti per alcuni istanti in pista, uscite in barella, han fatto temere il peggio. Prima di loro sempre nello snowboard, il norvegese Torstein Horgmo si è fratturato la clavicola, l'americano Heidi Kloser e il francese Guilbaut Colas, nelle gobbe si sono rotti i legamenti crociati del ginocchio, mentre lo sciatore di slopestyle canadese Yuki Tsutoba ha subito fratture e commozione cerebrale dopo un urto violento.


Non che sia colpa solo delle discipline nuove: se pensiamo al salto con gli sci, una delle discipline pioniere dei Giochi, dovremmo forse chiedere ad un grandissimo come Thomas Morgenstern, che poche settimane prima di Sochi ha rischiato di morire in un salto, che cosa l'abbia spinto a risaltare due giorni fa a Sochi. Ancora rischiando. Sempre sognando. Tu chiamalo, se vuoi, spirito olimpico.

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