Buffon lascia sola la Juve Ma Llorente vale doppio

Il portiere stende Klose, i bianconeri rimangono in dieci per un'ora. Il basco di testa riprende la Lazio, fermata dalla traversa e dal palo

Buffon lascia sola la Juve Ma Llorente vale doppio

La corsa della Juventus rallenta all'Olimpico. Non centra il tredici, nel senso di vittorie di fila, la capolista che si ferma al cospetto di una bella Lazio. E nel giro di quattro giorni Roma potrebbe rivelarsi uno snodo cruciale per la stagione dei campioni d'Italia: fuori dalla coppa Italia contro i giallorossi e oggi la squadra di Garcia potrebbe accorciare a sei punti il distacco in classifica. Niente illusioni, per ora, perché comunque il pareggio dell'Olimpico è pesante per la Juve perché ottenuto aggrappandosi a uno straodinario Fernando Llorente e con un uomo in meno per settanta minuti. A conferma del grande carattere di una squadra che riesce a uscire imbattuta contro una Lazio rigenerata da Reja non solo nei risultati, ma soprattutto nel gioco.
Klose alla vigilia aveva detto che c'era bisogno di fortuna contro questa Juve. E la sorte sorride nel primo tempo ai biancocelesti. Prima di tutto perché non è la solita Signora e lo si capisce subito quando Buffon gioca la palla coi piedi in area e per un soffio Klose non lo beffa come fece Bertolacci in Juve-Lecce di due stagioni fa. SuperGigi poi è bravo a sventare due imbucate laziali, ma sulla terza capitola: atterra Klose, espulsione (salterà l'Inter) e rigore trasformato da Candreva. Triplice “punizione”, severa ma non eccessiva nell'episodio, che mette in castigo la capolista. Non la solita squadra padrona del gioco, ma in versione timida e sottoritmo che confeziona un'occasione appena, girata di Llorente bloccata da Berisha, e che fatica molto in fase di costruzione. In dieci, il sacrificato per far posto a Storari è Asamoah: linea a quattro, anche se poi Conte rimescola continuamente le carte. Senza grandi risultati perché Marchisio vice Pirlo stavolta non è mossa indovinata complice anche un Vidal impreciso. Solo Pogba dispensa lampi di classe isolati e così agli attaccanti arrivano palloni col contagocce. Merito anche di Reja che alla vigilia aveva detto di non aver nessuna gabbia per Pirlo. È andato oltre costruendone una tatticamente perfetta per imbrigliare la squadra di Conte, soprattutto con la posizione di Hernanes e Candreva, minaccia costante alle spalle di Klose. La capolista costruisce poco o nulla e soprattutto sembra aver perso la solidità difensiva sulla quale aveva costruito il filotto di dodici vittorie consecutive: prende gol da quattro gare e soprattutto dà sempre l'impressione di non avere equilibrio.
Di fronte c'è poi una Lazio rivitalizzata dalla cura Reja, ancora imbattuto dal ritorno nella Capitale. Dimenticato Petkovic che con la Juventus in supercoppa italiana e all'andata in campionato aveva incassato due poker fragorosi. Se una colpa si vuole trovare all'allenatore goriziano è quella di non riuscire a convincere i suoi a piazzare il colpo del ko. E così nel momento di maggiore difficoltà la Signora si rialza: percussione di Lichtsteiner e straordinario colpo di testa di Llorente. L'attaccante a parametro zero è al nono centro, il quinto “aereo” record in campionato. A quel punto la partita è diventata un botta e risposta come i “destri” di Tevez e Hernanes nello spazio di un minuto. Ma è soprattutto la Juve che cresce alla distanza, mentre la Lazio perde le distanze sfilacciandosi nonostante la superiorità numerica. I biancocelesti anche se meno ordinati si ributtano in avanti e sfiorano il colpaccio sulla solita palla inattiva, tallone d'achille dei bianconeri nelle ultime uscite. Klose incorna da pochi passi, miracoloso è Storari a deviare sulla traversa.

Poi il palo di Keita, appena entrato, con un destro a giro. Due legni quasi a voler rinfacciare a Reja di non aver cercato sempre la “fortuna” invocata da Klose. Neanche la Juve fa tredici. Ma questo è un pareggio che per la banda Conte vale come una vittoria.

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