Strigliato, choccato. Per nulla Allegri

L'ira funesta di Silvio Berlusconi è una leggenda metropolitana. È stato Adriano Galliani a montare su tutte le furie e a riservare ad Allegri una proficua "lavata di capo". Il Milan è uscito ancora mezzo vivo da Palermo ma Allegri ha rischiato grosso, ha rischiato l'osso del collo. E non per la presunta telefonata burrascosa avvenuta tra il presidente e il suo braccio destro rossonero. Il presidente, impegnato a Montecatini, ha visto in tv solo spezzoni della partita e ha chiesto al suo vicario lumi e giudizi sulla prestazione oltre che dettagli sulle scelte del tecnico. «Il presidente non c'entra niente, il presidente Silvio Berlusconi è sereno, lo sento tutti i giorni e conosco perfettamente le sue idee in proposito. Eppoi io non ho bisogno di sollecitazioni per arrabbiarmi. Mi arrabbio da solo, specie quando vedo in campo 5 mediani»: con questa dichiarazione, che è poi una ricostruzione fedelissima del burrascoso dopo-partita siciliano, Adriano Galliani ha messo fine alla leggenda metropolitana del Berlusconi furioso e ricostruito i termini esatti della vicenda. È stato proprio lui e solo lui a dettare le prime aspre censure allo schieramento scombinato dei 5 mediani. Allegri ha ammesso in pubblico i propri errori e in privato, dinanzi alla contestazione del suo dirigente, ha provato a elencare i motivi che gli hanno suggerito quello strafalcione. In particolare due: evitare a El Shaarawy che le ha giocate tutte tra campionato e Champions di consumarsi ancora nelle rincorse difensive e dare un turno (che è poi diventato mezzo visto che l'olandese ha giocato tutto il secondo tempo) di riposo a Emanuelson, al quale non c'è alternativa nella folta rosa milanista, assottigliata da alcuni elementi di scarso spessore (Traorè, Niang, Mesbah). Durante il volo di rientro da Palermo a Milano, nel cuore della notte perciò, Galliani e Allegri hanno avuto il decisivo confronto. «Abbiamo chiarito 2-3 cose e abbiamo fatto pace» l'ulteriore rapporto fornito dal dirigente berlusconiano.
Fine della tempesta rossonera. I pochi rimasti vicini ad Allegri hanno fatto sapere che il livornese è uscito scosso dalla trasferta. E non perché il gruppo squadra fosse impreparato all'ennesima rivoluzione tattica (provata e riprovata lunedì mattina) ma per la figuraccia rimediata nel primo tempo e i rischi di una ennesima sconfitta sonora e umiliante che lo avrebbe condannato a esonero sicuro. Non solo: lo choc emotivo procurato dalla rimonta ha inferto ad Allegri uno scossone rendendo necessario un giorno di completo relax e di riposo assoluto. Meritato. Anche perché questa volta Allegri è andato a cercarsi guai con le sue mani, anzi con le sue idee strampalate che si sono moltiplicate tutte le volte in cui ha inseguito strade alternative al modulo applicato per due anni con Ibrahimovic e soci. È vero che, con Boateng e Robinho ai margini, non è possibile una soluzione alternativa a Emanuelson ala di sostegno ma stravolgere l'assetto tattico appena recuperato per inventarsi Flamini mai visto prima e rilanciare Nocerino è stato un clamoroso azzardo. Qualche critico ha pensato: “non è che Allegri vuole farsi cacciare?”. Sta facendo scelte da matto ma non è così matto il livornese che ora ha da risolvere altre questioni decisive nell'immediato futuro.

E si chiamano: portiere (tra Amelia che non para e Abbiati ancora convalescente), prossimo allestimento difensivo (Bonera e Mexes sono squalificati) e destino di Pato. Meglio allora che ieri abbia riposato e staccato il telefono, Allegri!

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