di Riccardo Signori
G liamici fiorentini e magari quelli bergamaschi, anche quelli della compagnia giornalistica, l'avranno salutato con il fazzoletto in una mano e con l'ultima copia del codice etico nell'altra. Anzi, con l'inserto sulle cento sfumature del codice etico, quello del: dimmi chi sei e ti dirò che faccio. L'ultima l'ha spiegata appena tornato dal Brasile: prendi l'aereo e scappa, lascia la nazionale e le sue macerie, raccontala giusta solo a te stesso. E allora facciamo un po' di conti. Cosa ci lascia Prandelli? Una nazionale da riaggiustare pezzo su pezzo, una delle peggiori figure rimediate dal nostro calcio ai mondiali, uno sfascio a tutti i livelli, uno spogliatoio in cui hanno comandato gli anziani ed ora qualcuno dovrà spiegare che comanda l'allenatore, un Balotelli svalutato, svalorizzato, indicato come il colpevole numero uno, e da rivendere a prezzi di saldo. Prandelli ha lasciato dire e fare. Il Milan gliene sarà grato. E pensare che il ct, ovvero quand'era ct, aveva fatto un pensierino (mica tanto nascosto) sulla panca rossonera.
In compenso cosa ci ha regalato l'ex ct? Una buona edizione degli europei 2012 con figuraccia finale, un terzo posto alla Confederation dell'anno passato che, evidentemente, non gli aveva insegnato niente vista la sequenza di errori (scelte dei giocatori, preparazione fisica, gestione dello spogliatoio) rimediata quest'anno.
Prandelli ha avuto una sfortuna vera: è stato solo sfiorato dalla critica. Troppi amici, anche ben gestiti nelle pubbliche relazioni. Non c'è ct dell'Italia del pallone che se la sia cavata così bene quanto lui. Pressione e polemiche hanno sempre rigenerato l'adrenalina degli allenatori azzurri: talvolta salvandoli dal baratro.
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