"La Juve rallenta perché abbiamo lavorato tanto"

Allegri: "Può capitare che si giochi male, allora si vince con il talento del singolo. Buffon mi ha stupito per le doti caratteriali Pogba? Non volesse sempre far vedere di essere il migliore..."

"La Juve rallenta perché abbiamo lavorato tanto"

Caro Allegri, cominciamo dal primo giorno di Juve: come è stato l'inizio?

«Sono stato circondato da un enorme scetticismo. Non mi ha spaventato, ho capito lo stato d'animo dei tifosi: per tutti loro il cambio dell'allenatore è stato un fulmine a ciel sereno».

Lo è stato anche per lei?

«In quei giorni ero a Milano a fare il trasloco con mia figlia quando arrivò la telefonata di Marotta».

Quale bussola ha utilizzato per entrare nel mondo Juve?

«Mi son detto subito: qui non bisogna strafare. Sono arrivato a Vinovo il 16 luglio e avevo solo 6 giocatori da allenare, gli altri mi hanno raggiunto il 31 luglio e siamo partiti subito per gli Usa. Allora ho pensato: loro conoscono a memoria il sistema di gioco precedente, con quello iniziamo, poi penseremo a qualche modifica. E così è stato».

Che Juve le ha lasciato Antonio Conte?

«Ho ereditato un patrimonio straordinario di professionisti, abituati a lavorare con intensità, guidati da una società forte che è il pilastro di una squadra di calcio. Senza quel pilastro di cemento armato, il palazzo viene giù alla prima sconfitta».

A proposito: che differenze ha colto tra Juve e Milan?

«Sono due club di pari valore. Con Agnelli e Marotta ho un confronto costante e costruttivo, così come ho lavorato in modo eccellente a Milanello. E non crediate ai pettegolezzi: ai tempi anche col presidente Berlusconi il mio rapporto ha funzionato alla grande. E devo ringraziare Galliani per avermi lanciato nel calcio che conta».

Adesso però dicono che la sua Juve giochi male rispetto a quella di Conte…

«Fatemi un esempio di una squadra, nel mondo, che riesca a vincere giocando male. Può capitare in un campionato lungo 38 giornate che si giochi male 2-3-4 partite: devi vincerle col mestiere, con il talento del singolo. Ma solo se giochi bene, alla fine, puoi vincere un torneo. Cosa diversa è la sfida secca, tipo la finale di Champions tra Bayern e Chelsea: allora sì che può riuscire il colpaccio!».

Si è chiesto in questi mesi perché la Juve schiacciasassi in Italia, faccia così tanta fatica in Europa?

«Non si tratta di un complesso. Piuttosto ho colto una qualche difficoltà a gestire le fasi di un girone di Champions. Ora la mia Juve è più matura da questo punto di vista, ha raggiunto il primo traguardo, deve puntare a quello successivo: dobbiamo prendere posto stabilmente tra le prime otto squadre d'Europa perché così ci avvicineremo a una finale, così avremo un sorteggio più favorevole in futuro».

Scusi Allegri, cosa vi siete detti con Pirlo il primo giorno?

«Lo ha svelato Andrea. Ha detto: io e Allegri sappiamo bene come sono andate le cose. Quella mattina gli ho solo detto: “Ehi, Andrea, ti ho ringiovanito di 4 anni, mi dovresti ringraziare”. E gliel'ho sottolineato dopo il gol-capolavoro con l'Atalanta: “Hai visto che ti ho ringiovanito di 4 anni?”. Perché la verità è solo questa: dopo 10 anni di Milan, Pirlo aveva esaurito gli stimoli. E la disputa sul contratto, 1 anno o 3 anni, è stato solo un pretesto».

Nel suo libro, Zambrotta ha raccontato dello scontro con Ibrahimovic a Londra: lei rischiò di... farsi male

«A fine partita, dopo il pericolo scampato, le tensioni di uno spogliatoio sono enormi. Con Ibra si trattò di uno screzio».

A proposito: cosa si prova a vedere Ibra e Thiago in quel deserto del PSG?

«Sono stato un uomo fortunato, ho potuto allenarli. Restano i migliori al mondo».

Duello con la Roma: c'è chi sostiene che il vostro tigre nel motore sia la frase di Garcia «vinceremo noi lo scudetto». Conferma?

«No, la Juve è una squadra che ha valori morali, caratteriali, oltre che tecnici e si alimenta di queste energie. La sfida per lo scudetto sarebbe rimasta incerta anche se fossimo passati 9 punti davanti dopo Cesena. La Roma resta un'ottima squadra che sta pagando un'elementare differenza rispetto all'anno scorso: gioca 3 partite a settimana invece che una».

Qual è stata la sorpresa nel conoscere da vicino la Juve?

«Buffon».

Ma è sempre stato un numero uno…

«Mi ha stupito e folgorato non per il suo valore che conoscevo già ma per le doti caratteriali, per come si allena tutti i giorni, a tutte le ore del giorno. È un vero fuoriclasse. E sa qual è la qualità del fuoriclasse? Rendere tutto semplice».

Pensavamo che fosse Morata la sua scoperta…

«Al Real Madrid era trattato da ragazzo, qui è arrivato come un giocatore importante: ha patito all'inizio la differenza. Un conto è giocare per vincere sempre una partita ogni tre giorni, un conto disputare un ritaglio di partita. Ho subito qualche censura all'inizio: perché non gioca Morata?, mi chiedevano. Perché bisogna prepararlo, allenarlo fisicamente e non solo. I giovani vanno protetti. Stessa regola vale per Coman».

Ha rifilato una stoccata a Pogba: l'ha meritata?

«Pogba è un ragazzo di 21 anni, da mesi è su tutti i giornali con le cifre pazzesche della sua quotazione. Non deve sempre far vedere di essere sempre il più bravo ma far diventare normale il suo altissimo rendimento».

Cosa succede a Vidal?

«Niente di imprevedibile. Si è operato nell'estate, è tornato a giocare prima del tempo per partecipare al mondiale, è rientrato a Torino, al primo raduno della sua nazionale si è infortunato, è rimasto fermo. Cosa volete che succeda dopo una sequenza del genere?».

La Juve ha rallentato nelle ultime settimane: è preoccupato?

«No. Abbiamo lavorato tantissimo e pagato un po' pegno. Si può giocare male ma non può succedere di subire a Cesena come mai era capitato prima».

Il Borussia si è appena rialzato…

«E sarà dura domarlo. Bisognerà tirare fuori una bella partita sul piano tecnico».

Ma come le è saltato in testa di sostenere che «è meglio lo 0 a 0»?

«Non sono mica Tafazzi io! Ho detto e lo ripeto: se giochi in casa la prima devi provare a vincere ma è fondamentale non prendere gol perché al ritorno hai 2 risultati su 3 a disposizione».

Chiudiamo con la polemica su Sacchi: con chi si sta Allegri?

«Per rilanciare il calcio italiano non c'è da spaccare l'atomo.

La ricetta è semplice: creare una seconda squadra che consenta ai ragazzi di 18 anni di misurarsi con quelli più grandi e più forti, un “primavera” oggi fa fatica a giocare in serie C e in serie B, altro che razzismo. Poi bisognerebbe istituire centri federali in tutto il paese come hanno fatto in Germania. Fine della discussione».

E delle polemiche.

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