L’A...rabia di Inzaghi

Il tecnico, che era stato cercato da Tare per il Milan, va all'Al-Hilal per 27 milioni all'anno. Pesa la stanchezza e la squadra che sarebbe da rifondare. Ma Oaktree...

L’A...rabia di Inzaghi
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Si lasciano col sorriso e una stretta di mano, ma si lasciano. L'Inter e Inzaghi non sono più la stessa cosa. Inzaghi è il nuovo allenatore dell'Al-Hilal, l'Inter deve trovare un sostituto e non ha molte ore per farlo: il Mondiale per Club non aspetta. Inzaghi, che ha dato all'Inter il diritto di giocarlo con i risultati ottenuti in Champions League, lo farà invece sulla panchina dei sauditi. Primo avversario: addirittura il Real Madrid, il 18 giugno a Miami, dove Inzaghi col fido Farris e l'intero staff volerà già nei prossimi giorni. Il presidente dell'Al-Hilal, Fahd bin Nafel, venuto personalmente a Milano per la firma del contratto di Inzaghi è convinto di regalargli subito Theo Hernandez e Osimhen.

I soldi, certo. Ma c'è molto altro nella scelta di Inzaghi di lasciare l'Inter dopo 4 stagioni, 1 scudetto, 5 altri trofei, 2 finali di Champions, 217 panchine (quarto nella storia del club, sua la media punti più alta: 2,17 a partita). Ci sono la stanchezza di un anno vissuto oltre i limiti, la consapevolezza che oggi l'Inter sia squadra consumata, che andrebbe rifatta e che invece sarà solo restaurata, il timore che a queste condizioni non ci si possa ripetere.

Inzaghi è arrivato all'incontro con Marotta (presenti anche Ausilio e Baccin, ma nessun dirigente di Oaktree) con le idee già chiare. Del resto col presidente aveva parlato due volte al telefono fra domenica e lunedì e sapeva che non c'erano margini per soddisfare le sue richieste, che non erano economiche, ma programmatiche: il mercato non lo fa Marotta, ma il fondo americano. E il mercato di Oaktree andrà poco oltre Luis Henrique, Sucic e forse Bonny. Se esce uno fra Bisseck e Frattesi, quei soldi saranno reinvestiti. Poi solo caccia ai prestiti, agli esuberi degli altri, ma per quelli ci sarà come sempre da aspettare la fine di agosto.

«In questi anni, ho dedicato all'Inter il primo e l'ultimo pensiero di ogni giorno. Ringrazio tutti per l'opportunità, la fiducia, la condivisione e la sincerità con cui abbiamo vissuto queste stagioni e ai milioni di tifosi nerazzurri dico che non li dimenticherò mai», il saluto di Inzaghi, cui fa ovviamente eco il ringraziamento di Marotta, «per il lavoro, la passione e la sincerità nel confronto odierno, che ha portato alla decisione comune di separare le nostre strade».

Di queste 4 stagioni, qualcosa si potrà rimproverare a Inzaghi, e i soliti cecchini della propaganda non perderanno l'occasione per farlo, ma chi è intellettualmente onesto non può non riconoscere qual è stato il punto di partenza, cosa era l'Inter e cosa se ne diceva il 3 giugno del 2021, quando Inzaghi ereditò la squadra abbandonata da Conte dopo lo scudetto, con conti disastrati, poche possibilità di fare mercato e i giocatori migliori in vendita, da Lukaku ad Hakimi, uno dei giustizieri di Monaco. Una squadra che non poteva più vincere, disse Conte a Marotta. Questo dovrebbe ricordare chi dice che l'Inter di Inzaghi ha perso 3 scudetti su 4. E questo ricorda molto bene Steven Zhang, uno che si è rovinato con e per l'Inter, ma che non dimentica. «Sei stato un dono di Dio, mi hai aiutato e hai aiutato la mia Inter in un momento difficile», ha scritto l'ex presidente sui social, dove ha postato anche Gaia, la moglie di Inzaghi: «La verità è che avrei voluto dirgli di restare. Avrei potuto insistere, ma non me la sono sentita. Questi quattro anni con l'Inter sono stati magnifici. Questo addio pesa come un macigno».

L'Al-Hilal ha cominciato a corteggiare Inzaghi poco dopo Natale. L'offerta è lievitata fino a 27 milioni netti per 2 anni, compreso il compenso che andrà allo staff. In queste settimane, in molti hanno bussato alla porta di Inzaghi.

Anche Tare, ipotizzando di fare insieme una follia. Non è la delusione di Monaco a spingere Inzaghi a voltare pagina, ma la sua voglia di non sporcare 4 anni che restano molto belli, anche se l'ultimo ha regalato solo emozioni e non trofei.

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