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Il tennista che da 26 anni non vince una partita. "Ma se ci riesco mi ritiro"

Enrico Becuzzi ha ormai 47 anni e dopo 270 match insiste ancora a entrare nel ranking Atp

Il tennista che da 26 anni non vince una partita. "Ma se ci riesco mi ritiro"

E alla duecentosettantesima volta, niente cambiò: game, set and match per l'avversario, come sempre. Stavolta appenderà la racchetta al chiodo? Macché ritiro, il 47enne nativo di Pisa ma cresciuto a Cecina, provincia di Livorno, non molla e anzi è pronto a tornare in campo, una volta che il Coronavirus lo permetterà. Il capellone Enrico Becuzzi è un tennista italiano che in 26 anni di attività non ha mai vinto un solo match. Duecentosettanta sconfitte, roba da Guinness dei primati al contrario. Per centrare l'agognata vittoria, che gli darebbe l'accesso al ranking Atp, la classifica dei professionisti, Becuzzi è disposto a tutto.

La sua storia di (in)successo è finita anni fa sul Wall Street Journal, che ha definito il 47enne «la leggenda del tennis challenger». La cui passione non conosce né limiti né confini, tanto è vero che gira il mondo alla ricerca di un torneo dove iscriversi, perché, racconta, «è quello che amo da quando ho cominciato a 9 anni con una racchetta di legno, all'epoca il tennis era proprio un altro sport rispetto a quello di adesso». C'erano i Borg, i McEnroe, i Lendl e lui da piccolo, come Djokovic, si allenava in giardino lanciando la palla contro il muro di casa immaginando di batterli. Ora che gli interpreti sono cambiati, viene il difficile: «Giocare contro questi ragazzini che sparano a 200 all'ora è sempre più complicato». Ma il Becu come lo chiamano gli amici - è ancora lì, con la stessa grinta di sempre. «Ma non sono uno scriteriato, cerco sempre di far quadrare i conti. Quando posso vado, quando capisco che non è opportuno, rinuncio. Certo, ci restai male quella volta che entrai nelle qualificazioni del Master 1000 a Shanghai e non mi diedero il visto in tempo. Era il 2012. Ma ci pensate? Avrei giocato un torneo con Federer, Djokovic e compagnia bella. Che peccato...».

Prima, nel 2003, in un torneo a Sofia, fu ad un passo dalla prima gioia, ma il match point sfumò. E il giorno dopo era già sui campi ad allenarsi come un forsennato. Qualche piccola soddisfazione se l'è tolta, in coppia con Paolo Lorenzi, il che gli ha permesso di entrare in classifica di doppio (è il n° 705 mondiale) e di intascare quasi 13mila dollari di montepremi (per tirare avanti); al contrario, nel singolare Becu non ha ranking e perciò non può iscriversi alle qualificazioni dei tornei. A meno che qualcuno rinunci all'ultimo momento e a quel punto il tennista pisano è il primo a salire sull'aereo e sorbirsi anche venti ore di viaggio. Non importa se poi alla fine perde 6-0, 6-0, l'importante è farlo con il sorriso. «Ho iniziato a giocare tardi, a 21 anni e mi dicevano che ero già troppo grande. Non importa: finché ne avrò andrò avanti, l'età è solo un numero quando si tratta di inseguire un sogno». Quattro anni fa, dopo l'ennesima brutta sconfitta, dichiarò che «prima o poi quel punto Atp riuscirò a conquistarlo e poi potrò smettere». Quattro anni dopo, nulla è cambiato. Becuzzi è ancora alla ricerca della prima vittoria.

Quella che, in questo caso, non vale una carriera, ma che non si scorda mai.

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