Un tocco di Palacio nel buio di San Siro Milan in caduta libera

I rossoneri dominano il primo tempo ma non concludono. Negato un rigore ai nerazzurri che passano nel finale

Un tocco di Palacio nel buio di San Siro Milan in caduta libera

Il povero derby di Milano esalta l'Inter e fa sprofondare il Milan a pochi passi dalla zona retrocessione. Decide Palacio quando finalmente Mazzarri si libera della zavorra di un eccesso di centrocampisti vogatori e offre al suo schieramento il connotato più autentico, dentro Kovacic, alla fine anche Icardi. Decide Palacio che è la vera stella cometa di Milano, splende più di Kakà e Balotelli messi insieme, è una spina nel fianco della difesa milanista e costringe Zapata a una figuraccia oltre che Abbiati a qualche parata d'autore. È un povero derby, senza colori, con le due curve in silenzio, che riprende colori e dignità nel finale quando appunto il triangolo disegnato da Jonathan e Guarin esalta la virtù del codino neroazzurro, capace di far gol col tacco, nella stessa porta dove Bettega beffò un altro Milan, con Tato Sabadini e Cudicini. Alla fine il povero derby premia e fa ricca l'Inter che può finalmente recuperare terreno dopo aver perso troppa strada con una striscia di pareggi. Il Milan si lascia ammirare per qualche buona trama nel primo tempo, nel secondo perde la bussola e anche la presenza di Kakà e Balotelli, in vetrina solo quando c'è da calciare una punizione. Giusto così. Natale col botto per Thohir, Natale malinconico per Allegri.
Le due curve in silenzio, zero coreografia (rifiuto dei tifosi milanisti di mostrarla alla digos nel piazzale dello stadio prima di entrare, scattato il divieto, solidarietà interista) e calcio poco attraente. È forse il clima molto triste di San Siro a contagiare il derby numero 282 e a renderlo subito colmo di errori e pieno di rimpianti come si conviene anche all'attuale classifica delle due squadre che non è certo esaltante. Mazzarri alza il bavero del cappotto secondo consolidate abitudini tattiche, Allegri sorprende con il debutto dal primo minuto di Saponara che indovina qualche giocate senza mai salire alla ribalta. È il segno dello scarso credito vantato da Matri presso il suo allenatore che pure lo reclamò qualche mese prima. A quest'ultimo viene ritagliato solo l'ultimo spicchio di derby. Le mosse, come si intuisce al volo, non sono sufficienti per deliziare il pubblico e catturare l'occhio. L'Inter arranca, il Milan si distende meglio, puntando sulla migliore cifra tecnica che emerge qui e là senza però scavare un solco effettivo. Kakà impegna col sinistro Handanovic che più tardi buca un angolo consegnando a Poli, solo davanti alla porta sguarnita, l'occasione migliore della frazione. D'accordo ma Guarin dalla distanza sfiora il bersaglio e un colpo di testa di Cambiasso fa venire i brividi ad Abbiati. Balbetta l'Inter, Mazzarri se ne lamenta in pubblico, ma il Milan non ha la forza per colpire nel segno, forse anche perché Kakà, da seconda punta, al fianco di Balotelli, stenta a trovare posizione e l'ispirazione delle serate migliori. Nel finale del primo tempo le proteste interiste montano, a ragione, a causa della zampata di Zapata sulla caviglia di Palacio che anticipa nettamente il difensore: né Mazzoleni né l'addizionale Banti hanno il coraggio di castigare l'infrazione col rigore.
La presenza, nella ripresa, di Kovacevic al posto dell'inutile Taider migliora leggermente la fattura del gioco interista, l'arrivo di Kuzmanovic (invece che Zanetti) serve a dare linfa e corsa a un centrocampo rimasto sempre sotto ritmo e rintanato nella sua trincea. Il primo cambio di Allegri (Emanuelson) è reso indispensabile dall'acciacco rimediato da Constant, con una percentuale di errori nei passaggi da guiness dei primati e poco aggiunge all'esibizione milanista che non decolla mai, il secondo è una mossa della disperazione (Saponara sotto la doccia, Matri dentro) per tentare di ricavare qualcosa di più e di meglio dalle trame d'attacco.

Palacio, il migliore dei suoi e degli altri, ha la palletta giusta per incorniciare il derby: ne manca una (Abbiati ha intuito), non invece la seconda che è una prodezza balistica d'altri tempi, tacco abilissimo alla Bettega (stessa porta), sul cross a pelo d'erba di Guarin con cui mette la firma d'autore su una serata che fa sorridere l'esordiente Tohir e toglie a Galliani e Allegri ogni illusione di risalita. Muntari chiude con una espulsione indiscutibile: saltano anche i nervi.

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