Nicholas Tombazis è un ingegnere greco che si è laureato all'Imperial College di Cambridge e da sempre si occupa di Formula 1. Solo che dopo aver lavorato in Benetton, Ferrari e McLaren è saltato dall'altra parte della barricata. È come se un ladro fosse diventato improvvisamente poliziotto. Sa dove andare a cercare in fin dei conti. Dopo 15 anni a Maranello dove ha imparato un buon italiano e il gusto per il buon vivere, è diventato Direttore tecnico della Fia. È l'uomo giusto per capire come sta andando la rivoluzione in Formula 1. Domenica si corre la sesta gara e ormai quello che c'era da capire si è capito.
«Abbiamo la sensazione che tutto stia andando come avevamo previsto racconta -. Le gare sono più eccitanti, le prestazioni delle auto sono più vicine una all'altra e ci sono più macchine in lotta. I piloti riescono a stare più attaccati ai loro avversari che li precedono».
Non era scontato. C'era la possibilità che qualcuno si inventasse qualcosa che gli avrebbe consentito di volare via.
«Con un regolamento così nuovo c'era il rischio di ritrovarci con una macchina molto più avanti degli altri invece il divario al momento sembra essere relativamente piccolo, molto simile a quello della fine dello scorso campionato con regolamenti già maturi. Siamo convinti che i divari diminuiranno ancora».
Sembra che anche i piloti si divertano di più ora.
«Ora le auto sono più difficili da guidare: era uno degli obbiettivi. Non vogliamo che chiunque possa guidare una Formula 1. Sono più nervose ed è una cosa positiva perché può portare a degli errori».
È sorprendente che auto così diverse abbiano poi prestazioni molto simili.
«Ci hanno criticato molto dicendo che avremmo visto macchine tutte uguali, noi abbiamo sempre pensato che non sarebbe stato così e alla fine abbiamo avuto ragione. Le zone più sensibili dal punto di vista aerodinamico, quelle che permettono a due auto di viaggiare molto vicine, sono più controllate e vincolate dal regolamento. Le zone come le fiancate, il muso, l'air scope sono in generale meno sensibili e quindi non ci stupisce che progetti all'apparenza molto diversi abbiano prestazioni molto simili. Lo sapevamo e lì abbiamo lasciato libertà ai team di liberare la loro fantasia. Le prestazioni dipendono più dal fondo che dalle fiancate».
Non c'è stato nessuno che ha fatto il furbo come il suo amico Ross Brawn qualche anno fa?
«Abbiamo avuto tanto da fare. Ci sono ancora zone del regolamento che vanno chiarite, non siamo soddisfatti al 100% di alcune interpretazioni. Ci è sfuggito qualcosa, ma nulla che possa indirizzare un campionato intero come ai tempi della BrawnGp».
Dobbiamo aspettarci molte novità a Barcellona?
«Sì, svilupperanno tutti, il regolamento è abbastanza fresco, si stanno spiando tra loro da un mese e mezzo e vedremo molte novità anche se io non credo che l'anno prossimo avremo una convergenza verso progetti tutti uguali. Vedremo ancora delle differenze».
Qual è l'importanza del budget cap sugli sviluppi?
«Il budget cap avrà un'influenza importante. Le squadre devono capire dove mettere le risorse, non potranno più sparire in tutte le direzioni come una volta. Dovranno fare analisi molto attente prima di portare in pista le novità. L'utilizzo del budget assumerà una importanza pari allo sviluppo tecnologico. Potrà fare la differenza capire bene dove investire. Chi è più efficiente può avere dei vantaggi».
Siete pronti a controllare anche i budget?
«C'è un team solo per controllare i movimenti economici e finanziari e anche un team che agirà trasversalmente tra economia e tecnologia».
Confessi, adesso che lavora per la Fia e non più per un team si godrà di più le corse?
«Più rilassante no. Molto diverso. Lavorando per la federazione la pressione arriva più dall'esterno.
Lavorando in un team se sbagli le critiche ti arrivano dall'interno dello stesso team. Se sbagliamo ora le critiche ci arrivano dagli altri nove team Sei più sotto pressione qui perché devi cercare di essere sempre fair con tutti, mai aiutare qualcuno con una decisione».
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