Totti, un giorno da Nordahl ma Gunnar segnava il doppio

Eguagliate le reti del Pompiere, che però ha giocato 200 partite in meno Hanno fatto il 225° gol con la stessa maglia, numero, avversario ed età

L'esultanza del capitano della Roma Francesco Totti dopo il gol contro la Sampdoria
L'esultanza del capitano della Roma Francesco Totti dopo il gol contro la Sampdoria

Gunnar Nordahl arrivò in Italia grazie a Gianni Agnelli. La Juventus aveva strappato al Milan il danese Plöger. Il segretario rossonero Giannotti spedito a Copenaghen aveva firmato il precontratto con il calciatore del Frem e a fine dicembre Plöger si mise in treno per l'Italia. A Domodossola incontrò John Hansen, suo compagno di squadra nella nazionale che aveva eliminato l'Italia agli ottavi di finale nei Giochi di Londra vinti dalla Svezia sulla Jugoslavia, con i danesi medaglia di bronzo. Hansen era già della Juventus e suggerì al collega di dimenticare il contratto con il Milan e di seguirlo a Torino dove avrebbe preso più soldi. Alla stazione di Milano Plöger trovò ad attenderlo due dirigenti, il milanista Busini e lo juventino Giordanetti. Il Milan offrì 25 milioni, la Juventus 30, Plöger scelse lo stipendio migliore ma il Milan scatenò la sua giusta protesta, considerandosi raggirato e tradito. Gianni Agnelli telefonò al responsabile Fiat di Stoccolma incaricandolo di risolvere la questione trovando sul mercato scandinavo l'uomo giusto da offrire al Milan e impegnandosi ad anticipare la cifra in corone.
Gunnar Nordahl era l'uomo, giocava con i dilettanti del Degerfors e segnava mille gol a partita, quelli del Norrkoeping lo convinsero a cambiare maglia offrendogli un lavoro fisso come vigile del fuoco. E il pompiere diventò la leggenda del calcio svedese e scandinavo. Gunnar Nordahl non conosceva una sola parola della nostra lingua, arrivò a Milano il 14 di gennaio del Quarantonve e si affidò totalmente al console svedese al punto che una mattina, desiderando ordinare la colazione nell'albergo dove alloggiava, telefonò al consolato per chiedere aiuto: desiderava una tazza di caffelatte. Nordahl imparò l'italiano e non dimenticò mai la lingua del gol. Era un gigante, un bisonte. Si portava appresso oltre novanta chilogrammi per i suoi 180 centimetri, quando prendeva velocità era appunto un bisonte, come venne soprannominato. Portava i capelli con la scriminatura al centro, così molti ragazzi tifosi del Milan seguirono la moda, come ha ricordato Fausto Bertinotti, ex segretario di Rifondazione comunista e grandissimo tifoso rossonero. Il Milan non vinceva uno scudetto da oltre 40 anni, ci pensò il pompiere bisonte che in 15 partite realizzò 16 gol, per presentarsi al popolo italiano e all'avvocato Agnelli.
L'anno successivo arrivò il titolo. In Italia segnò 225 gol in 291 partite, il suo totale di carriera è fenomenale, 442 reti, con i quattro club, due svedesi e due italiani, in 504 partite. Chiuse la carriera nella Roma e segnò il suo 225° gol con la stessa maglia di Totti (il numero 10, stranamente per lui che giocava sempre col 9, ma che in quella partita lasciò a Lojodice) e contro lo stesso avversario, il Genoa. Il resto è storia grandiosa e pure amara, scelse di tornare nel suo paese natale, conservando la nostalgia per l'Italia, il Milan e la Sardegna dove amava trascorrere le vacanze estive.

Ad Alghero, la mattina del quindici di settembre del Novantacinque un infarto lo tolse alla moglie Irma e alla cronaca quotidiana. Resta la storia, resta la sua leggenda. Francesco Totti è l'erede destinato a lucidare la statua di un campione e di prenderne il posto.

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