Tragedia alla 24 Ore di Le Mans, schianto mortale per SimonsenSedici anni fa l'ultimo dramma

È che il dio dei motori quando decide, decide. È che non c'è progresso nella sicurezza attiva e passiva, nei materiali, nei regolamenti, niente di niente che possa fermarlo. Quando decide, decide. Erano sedici anni che una tragedia non violentava la 24 Ore di Le Mans. Era accaduto in prova, al povero Sebastien Enjolras, durante le prequalifiche del '97. Ed erano addirittura 27 gli anni trascorsi dall'ultimo incidente mortale in gara, quello di Jo Gartner, edizione 1986. Allan Simonsen all'epoca aveva 7 anni e giocava con le macchinine sul tappeto di casa. Ieri ne aveva 34 quando la sua Aston Martin ha scartato all'improvviso verso sinistra all'uscita di un curvone velocissimo, la Tertre Rouge, ed è andata a sbattere. Giro 4 di una corsa lunga un giorno e una notte. Fondo insidioso, nubi scure, la partenza dalla pole avvenuta sotto una leggera pioggia, le ruote che toccano il cordolo viscido e impazziscono o forse un cedimento. I soccorsi saranno immediati «ma il pilota è morto appena arrivato all'infermeria dell'autodromo» citerà un comunicato mentre la casa inglese proseguirà la corsa «per volontà della famiglia Simonsen».
È che quando decide, decide.

Per dire: Mark Webber è più famoso per il giro della morte a Le Mans 1999 che per quanto ottenuto in F1. Quell'anno la Mercedes sua e quella di Dumbreck, a poche ore di distanza, volarono via. Il compagno finì addirittura tra gli alberi secolari. Illesi entrambi. È che il dio dei motori non aveva deciso. BCLuc

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