Con tre campioni tra un anno Inter da scudetto

Intervista a Roberto Mancini. "Thohir? Sa di calcio. Il caso Osvaldo? Sono stato male tre giorni"

Roberto Mancini
Roberto Mancini

nostro inviato a Appiano G.

Il guru (copyright Inzaghi) arriva in tuta. Appunto, come non dovrebbe un guru. Però il self control, la capacità di affrontare argomenti senza tirarsi indietro, la linea che delinea l'orizzonte anche nelle parole, danno ragione a Inzaghi: Roberto Mancini più guru che paraguru. É certo. Però Pippo ha detto: un guru in difficoltà.

«Guru non so. Però mi spiace per Inzaghi, spero ne venga fuori, faccia risultati. Anzi, spero che il Milan vada bene, perchè così andrà bene pure l'Inter».

Perchè mai?

«Mi spiego: spero che la Milano del calcio vada bene, diverta la gente. Milano merita di essere sempre al top. E se il Milan farà una grande squadra, anche l'Inter sarà grande: si tirano una con l'altra, al di là del campanilismo».

Guru in difficoltà?

«Difficoltà diverse. Inzaghi per questioni di gioventù professionale. Io ho preso una squadra a metà percorso: non è mai semplice. Ci vogliono tempo e pazienza. Ma sono soddisfatto: ci mancano 5-6 punti. Questo sì».

Inter più deludente di quanto era lecito attendersi...

«Si può scendere anche più in basso. E si può risalire. Noi siamo a metà, ma la strada è giusta. Sono contento anche delle ultime due prestazioni: con Sampdoria e Torino. Ci mancano i punti persi in casa. Ma il calcio è questo».

Vi state rinforzando: cercate uno stopper. E Cassano?

«Cerchiamo gente che possa giocare in Europa. No, Cassano no. Fino a ieri nemmeno sapevo dello svincolo. No, mai parlato».

All'Inter vengono fatte tre accuse: difensori con riflessi scarsi, giocatori tecnici che non esprimono leadership, punte mal servite...

«La disattenzione con il Torino non deve più accadere. Altri gol sono frutto dell'abitudine a difendere a 5: figli del cambio di modulo, mancava sempre uno. Dopo 3-4 mesi non devi più sbagliare. Dobbiamo migliorare molto la tecnica. Mostrare vera leadership sul campo. E gli attaccanti devono muoversi bene, vivere per il gol, avere cattiveria. Lo dico pure per Kovacic: deve essere decisivo, a 20 anni quelli bravi lo sono».

Thohir dice che andare in Champions non è indispensabile: utile alla causa o no?

«Va bene, ma l'Inter è sempre l'Inter. Dunque lavoriamo per la Champions e anche più. Se andrà male, costruiremo per il prossimo anno. Punteremo allo scudetto, perchè saremo pronti. Io vedo cose buone che altri non vedono. E quando le imprese sembrano impossibili, a volte accadono. Se capitasse farei pari con lo scudetto del City: vinto al minuto 94 dell'ultima partita, dopo aver recuperato 8 punti allo United».

Per ora è più lontana l'ipotesi di andare a Santiago di Compostela in bicicletta, nel caso di Champions.

«Ma sto preparando la bici. Attenzione: non partirei da Milano, bensì dal confine franco-spagnolo, circa 800 km».

Chissà come le manca il vino offerto da Ferguson...

«Era proprio buono e mi ricorda il successo all'Old Trafford. Qui non si usa. Figuriamoci: è già faticoso darsi la mano a fine partita. C'è una cultura da incazzati».

Ecco, per esempio, c'è chi si lamenta del carattere di Thohir: troppo tranquillo, non si agita mai.

«Perchè noi siamo agitati, arrabbiati. Lui intende un altro modo di vivere: come gli anglosassoni. Mi spiace solo per domenica: avevamo ricreato entusiasmo, anche per gli acquisti fatti. Non doveva accadere».

Thohir si intende più di basket che di calcio: un vantaggio?

Sorride. «Io mi intendo di basket, lui non so. Però credo si intenda di calcio. Quando mi parla di formazioni, lo fa con logica. Ed è giusto che ne parli e ne dica». E ieri è andato a salutare tecnico e squadra con sermoncino.

Mancini ricorda quel comunicato di saluto dell'Inter che diceva: «Per fatti recentemente emersi...». Come ha dimenticato?

«Fu un gran dispiacere, una storia brutta perchè erano tutte balle. Però non credo sia più qui chi fece il comunicato. Mi sono detto: bisogna saper perdonare».

Oggi è un'altra Inter. Allora Mancini voleva Tourè, costava poco. Sarebbe durato?

«Yaya è uno dei più forti giocatori al mondo. Ci sarebbe ancora. Ha girato tante squadre. É andato in Belgio, Russia, Spagna, Inghilterra. Gli manca l'Italia. Potrebbe essere l'occasione buona per venire a provare».

Oggi servono allenatori con pedigrèe per convincere i giocatori?

«Ci sono squadre con appeal, come l'Inter. Ma al City dovetti sudare per convincere sia Tourè sia Silva. Il Manchester non era grande, stava crescendo. Con Silva ho impiegato un mese e stavolta è stata dura con Shaqiri».

Per ora siete a 3 rinforzi, mica poco.

«Stiamo costruendo. Ma ci sono giocatori che cambiano faccia ad una squadra. Yaya è uno di questi. L'anno prossimo ci possiamo provare: innestiamo tre campioni e vedrete che saremo pronti per la lotta scudetto».

Dovesse intaccare l'asse di squadra per vendere uno tra portiere, stopper, centrocampista e centravanti?

«Prima trovo un valido sostituto. Poi, se proprio... lascerei partire il portiere».

Quindi si tiene Icardi?

«Dipende dalle situazioni. Se impazzisce e segna tre gol a partita, se Guarin diventa il migliore in Italia.... Anzi, spero che Icardi segni tre gol e sia decisivo sempre».

É passato da Tevez a Aguero, a Drogba. Ora Icardi.....

«Aggiungo Dzeko e Burak. Icardi è giovane ed ha qualità. Ma deve migliorare molto. Mi ricorda le situazioni di Balotelli e Adriano che, per un verso o l'altro, si sono persi. Non bastano le qualità. Lui deve vivere per la famiglia e il lavoro, ma lavorare tanto».

Da Balotelli a Osvaldo...

«Sembra che io attiri certe situazioni? Con Mario ricordo solo cose buone, abbiamo vinto il campionato in Inghilterra e Italia. Qualche litigio fa parte della vita quotidiana. Con Osvaldo mi spiace davvero. Ci sono stato male tre giorni. É un bravo giocatore e non ho capito perchè sia successo».

Mancini, soddisfatto della carriera?

«Certo, contento di quanto la vita mi ha dato. E due volte all'Inter: strano, mai ci avrei pensato».

Poteva essere uno schiaffo, è stata una carezza del calcio?

«Mi ha intrigato tornare, vedevo la gente, mi voleva bene. É una sfida per riportare in alto l'Inter. Una carezza? Forse me la sono meritata».

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