Alessia Trost aveva le ali bagnate. Come un pulcino annaffiato dall'emozione, da una pedana che deve averle dato qualche grattacapo e magari dal peso di una gara che ti mette pressione. Sensazioni mai provate a così alti livelli. É mancata esperienza e un pizzico di esplosività quando la misura si è fatta da gotha. Si è fermata al metro e 92 che vale un quarto posto, e condivide con l'estone Iliutsenko (pari merito) e la bulgara Veneeva (sesta). Addio alla medaglia che le misure di questa stagione invernale facevano intendere. L'atletica non è sport di miracoli e neppure del palo e gol. Ogni passo è una conquista, ogni misura un piccolo trionfo. I fenomeni usano il talento, ma non sempre basta. Quelli bravi miscelano passione e grande determinazione, bravura tecnica e frutti del lavoro. L'Italia dell'atletica non ha fenomeni, ma sta riscoprendo il bello della semina. Servirà tempo. Forse non è un caso che proprio le due ragazze più giovani, la diciannovenne Trost e l'astista 18enne Roberta Bruni, abbiano sofferto, più di altri, emozioni e sensazioni da ammaestrare con il tempo. E la Trost ha confermato:«La tensione mi ha devastato».
Riassunto di un'Italia giovane, next generation a prescindere dall'età che può andare dal sotto ventuno al quasi trenta. Ma che in questi europei ha raccolto medaglie e speranze, qualche buona prestazione che ha portato oro (Greco nel triplo) o soltanto un vento d'aria fresca.
L'Italia di questi europei indoor richiude in valigia il suo bottino con l'ultima medaglia, quella di Simona La Mantia passata dall'oro di Parigi al bronzo di Goteborg. Due anni dopo, la trentenne palermitana è ancora sul podio del triplo, non è stato un gioco da ragazzi visto l'infortunio all'anca rimediato in gennaio. Ci voleva forza dentro, non solo nelle gambe e nelle caviglie. «Ho fatto tanta fisioterapia, lavoro alternativo: senza arrendermi. Ho lottato con le unghie e con i denti per difendere il mio titolo», ha sintetizzato per far capire quanto sia duro. Chapeau alla voglia di lottare che poi è stato il refrain della squadra azzurra. Sono arrivate cinque medaglie: un oro (Greco), un argento (Dal Molin), tre bronzi (La Mantia, Borsi, Tumi). La squadra ha esplorato tutte le specialità. Ieri c'è stato anche il 4°posto di Chiara Rosa nel peso(m.18,37)dopo aver sperato in una medaglia per metà gara. Invece sono ancora sabbie mobili per il mezzofondo, nonostante il settimo posto di Giulia Viola nella finale dei 1500 metri. I salti garantiscono certezze (Trost compresa), la velocità ha trovato in Michael Tumi una speranza più che una realtà, ma servono le staffette. Le corse brevi ad ostacoli hanno mandato in orbita ragazzi e ragazze. Italia multietnica e multiforme. Piuttosto l'Italia dell'atletica dovrebbe interrogarsi sulla crescita dei suoi ragazzi. Negli Usa e nel resto del mondo un talento cresce e si afferma. In Italia spesso si perde, non raggiunge quello che fa intravedere. Anche i tecnici dovrebbero fare un po' di scuola.
Quello di Simona La Mantia avrà certamente esultato per il 3° posto (14,26) alle spalle dell'ucraina Saladuha e della russa Gumenyuk. L'ucraina ha firmato subito l'oro, atterrando ai 14,88 della miglior prestazione mondiale 2013. Dietro è partito il duello tra La Mantia e le russe Gumenyuk e Mosina. L'italiana salta 14,24 (seconda); viene poi scavalcata da Gumanyuk (14,25); si riporta avanti con 14,26. La russa al quarto salto passa ancora al secondo posto, atterrando a 14,30. Sipario.
«Salvo il fatto di esserci. Io ci sono», ha ripetuto la ragazza siciliana. Poi l'atletica d'alto bordo ha bisogno di ben altro. Lo avrà capito anche Alessia Trost, salita facile fino al metro e 92, poi azzerata al metro e 96. Vittoria della spagnola Ruth Beitia (m 1,99), che poi ha provato ad andare oltre di due metri ma non ce l'ha fatta.
Russia prima nel medagliere, ma fra le piccole storie di questi europei vale il pianto di Renaud Lavillenie, campione olimpico del salto con l'asta che, vinta la gara con un bel 6,01, ha provato i 6,07, misura da fenomeni. All'ultimo tentativo l'asticella ha tremato ma è rimasta sui ritti. Gioia, esaltazione, il francese ha visto tutte le stelle del firmamento, finchè un giudice non ha levato la bandiera rossa. L'asticella era rimasta là in alto, ma qualcosa non andava. E Lavillennie non se n'è più fatto una ragione. La medaglia d'oro non è bastata.
Sara Errani si conferma regina dell'Abierto Mexicano Telcel, torneo Wta di Acapulco con montepremi di 235 mila dollari che si disputa sulla terra rossa.
La Errani bissa il successo dell'anno scorso battendo in finale la spagnola Carla Suarez Navarro per 6-0, 6-4. È la prima vittoria nelle tre finali disputate dall'inizio del 2013 e il settimo trionfo in carriera, conquistato con una sorta di record: nel torneo la Errani non ha perso nemmeno un set.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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