Bevetevi una bella camomilla e datevi una calmata. La guerra del pallone stranamente corre e ricorre sulla transiberiana Firenze-Torino: rapporti caldi che diventano gelidi con tanto di concorso arbitrale. Non è una novità. Come non lo sono polemiche e mugugni dei presidenti che, non potendosela prendere con se stessi, si dilettano contro arbitri e allenatori. I giocatori quasi sempre stranamente esenti. Comincia il tempo delle partite che contano, i gol pesano, le parole volano: pesanti. Talvolta sono danni più che soluzioni: De Laurentiis insegna. E se qualcuno s'inventa comico involontario chiedendosi perché nel mondo del pallone c'è violenza e gli stadi inducono allo stato di guerra, suvvia guardi e ascolti cosa produce il vippame di questo mondo. Senza chiudere gli occhi sugli errori arbitrali, che bene non fanno.
Sabato andrà in scena Fiorentina-Atalanta e 15 giorni fa, coppa Italia, furono insulti e post partita infuocato: Gasperini imbestialito, presidenti in campo con tanto di botta e risposta. Nel passato più o meno recente daspo ai tifosi, polemiche su rigori concessi e non concessi (anno di disgrazia 2018), Var o non var: non è questo il solo problema.
Stavolta è (ri)cascato dalla nuvola il numero uno della Fiorentina Rocco Commisso, che non vuol fare l'americano e fa pienamente l'italiano: imbufalito per un rigore concesso alla Juve, «disgustato perché l'arbitro ha deciso la partita», ma anche di più «Ci sono stati episodi contro Genoa, Napoli, ora la Juve: dovevo scoppiare prima. Non voglio favori ma neppure essere trattato come lo scemo d'America». Non è la prima volta che Commisso entra in polemica (vedi appunto il capitolo Atalanta). I padroni statunitensi in Italia hanno ripetuto tutti gli stessi copioni: indignati, disgustati, preoccupati per il bene del calcio, senza mai dire la parola business che sta al centro del cuore loro. Che poi sono concetti e polemiche trascinati negli anni dai migliori prodotti presidenziali nostrani: non c'è stato patron o padrone (lasciamo perdere i dirigenti a cominciare da Nedved) che non ci abbia illuminato con le intemerate.
E ci si mettono anche gli arbitri. Una volta bastava un Lo Bello. Ora ci capita di peggio e dobbiamo sorbirci il presidente Aia, Nicchi, che ha risposto a tono: «Indignati sono gli arbitri per certi comportamenti...». Frase a cui Commisso ha ribattuto: «Se è una minaccia, risponderemo». Peccato che Nicchi sia stato un arbitro da dimenticare e che entri quasi sempre a gamba tesa sulle turbolenze verbali. «Chi fa polemica stia a casa» (vedi Juve-Bologna). «Se c'è una cosa che funziona sono gli arbitri». Senza mai prendere in considerazione l'ipotesi che gli arbitri commettano qualche errore: vedi Juve-Fiorentina.
La storia calcistica recente insegna che arbitri e dirigenti dovrebbero costringersi a qualche silenzio in più e a qualche errore in meno. Firenze rispolvera le guerre del tempo dei Della Valle che prima sbraitarono, poi si adeguarono. La Juve è sempre al centro delle contestazioni. Gli arbitri pure. Moggi e calciopoli sembra siano passati invano.
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