Milano - Tutto rimandato, tutto ancora da decidere. Milan e Lazio non si fanno male e a dire il vero a malapena ci provano. La finale di coppa Italia è ancora in bilico e si deciderà il 28 febbraio all'Olimpico a questo punto con i biancocelesti favoriti che potranno sfruttare il fattore campo nella sfida decisiva.
Tutt'altro che bella la gara. Anche se la posta in palio interessa eccome. Perché si può chiamare «coppetta», la si può snobbare e persino deridere. Può essere utilizzata per far giocare chi in campionato si siede sempre in panchina. Ma quando arrivi in semifinale (e con la formula geniale adottata negli ultimi anni ci vuole pochissimo) allora la coppa Italia diventa improvvisamente importante. Un trofeo da provare a mettere in bacheca e un accesso privilegiato all'Europa se mancata col campionato. Così sia per Milan che per Lazio, addio turnover e sotto con i migliori o quasi.
Gattuso rilancia il recuperato Kalinic in attacco e si limita a inserire Abate e Borini al posto di Calabria e Calhanoglu. Inzaghi cambia un po' di più, con l'esordio di Caceres e Lukaku dall'inizio a sinistra ma soprattutto con il rientro di Ciro Immobile, fondamentale per i biancocelesti. Tre giorni dopo la sfida di campionato, ancora di fronte, ancora a San Siro ma è tutta un'altra partita. Poca grinta, poche idee, molto più fiato sprecato per protestare ad ogni chiamata dell'arbitro che per correre. Nulla a che vedere con i ritmi e le emozioni di domenica.
Solo Immobile prova a farsi vedere ma al suo dribbling secco su Bonucci in area al 13', segue una conclusione completamente sbilenca. Anche Lucas Leiva prova a scaldare un san Siro quasi deserto ma il suo colpo di testa su assist di Lukaku al minuto 32 non fa paura a Donnarumma. E così la cosa più interessante del primo tempo diventano i cori dei pochi tifosi in curva, con i laziali che attaccano la lega per i presunti torti arbitrali subiti (anche durante il minuto di silenzio in memoria di Vicini, pessimo) e i milanisti che rispondono per le rime.
Nella ripresa il ritmo si alza leggermente ma la sfida più bella è quella in panchina. Gattuso e Inzaghi, così diversi ma così simili. Il milanista ruspante e grintoso, il laziale elegante e compassato.
Due modi diversi di intendere il calcio ma con tante cose in comune: entrambi ex calciatori, entrambi giovani, entrambi non esattamente quotati, almeno fino a poco tempo fa. E tutti e due sempre e costantemente in piedi a urlare e a cercare di dare la scossa ai propri giocatori. Nulla di che, sia chiaro, ma è decisamente la Lazio a far la partita e a dare l'impressione di volere maggiormente la vittoria. Se il Milan non va sotto è merito di Donnarumma che al 16' allunga tutto il suo metro e 96 per respingere a terra un colpo di testa di Immobile, ben servito da Lukaku. La Lazio preme, Immobile va vicino ancora al gol con un diagonale e Gattuso corre ai ripari inserendo Cutrone. Magia? Talento? Stato di grazia? Fatto sta che il Milan inizia ad attaccare e alla mezz'ora costruisce la più nitida palla gol.
Suso crossa, Cutrone di testa mette i brividi a Strakosha e sulla respinta Calhanoglu, altro neo entrato, spara incredibilmente fuori a porta vuota. La partita finalmente si accende ma è anche il segnale che la può vincere chiunque e allora, forse è meglio non prenderle e rimandare tutto alla gara di ritorno. E probabilmente, alla fine, è anche giusto così.
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