Scusi signor Moratti, ma non sarà che questo 7-0 le fa cambiare idea? «Sì», risponde il presidente, e scoppia la risata generale, anche i muri.
Dalla godereccia Emilia esce una rivisitazione del calcio che entusiasma, il Sassuolo perfetto per la parte che il destino gli ha assegnato e Moratti quasi si schernisce: «Devo guardare al futuro di questa società, con un potenziale maggiore rispetto a quello che può offrire il presente. Ma questo gruppo si impegnerà sempre, chiunque si verrà a trovare al timone dell'Inter. Forse la squadra non voleva neppure andare così in alto nel punteggio, ma Milito è stato più forte del fair play. D'altronde sono felicissimo per lui».
Non hanno sbagliato neppure un rimbalzo, hanno tolto il fiato al Sassuolo subito, hanno continuato a picchiare fino al fischio finale di Russo come per inerzia, come se il campo fosse in pendenza e la palla rotolasse solo in un verso. Mazzarri, oggi più che mai, ha continuato impeccabile a recitare: «Il risultato? A noi interessa guardare la prestazione, come giochiamo, quanto cresciamo, quanti errori facciamo, perchè partivamo quasi da zero. Quello che conta, al di là del risultato, è l'approccio alla gara e questo lo stiamo facendo al meglio. Ambizioni noi ne abbiamo: si può sempre crescere e noi vogliamo continuare a farlo».
Ora, onestamente e al netto del malinconico Sassuolo, è difficile crescere se la situazione è questa. Ma gli si può dare quella continuità mancata la scorsa stagione, perchè è la stessa Inter di Stramaccioni, con Campagnaro e Taider al posto di Samuel e Gargano, mica due scarsi.
L'attuale Alvarez vale il Kempes del Mundial argentino, e non l'ha detto ieri il Sassuolo, questo Palacio ha i medesimi movimenti di Milito e l'identico fiuto della rete, ieri la cinquantesima in serie A in 120 presenze. Ma è tutta l'Inter che ragiona come squadra, come insieme, il movimento di ognuno è continuo, con o senza palla, la difesa resta a un solo gol subito in 360 minuti, in mezzo Cambiasso ha diretto, al quarto d'ora di gioco ha rubato un pallone a Magnanelli sul cerchio del centrocampo da applausi, a un quarto d'ora dal fischio finale ha messo un pallone all'incrocio che ha fatto calare di qualche metro tutto lo stadio nel terreno. Sembrava proprio di vederlo affondare. Ezequiel Schelotto alla fine ha ringraziato per il sostegno ricevuto dai suoi ex compagni che lo hanno rincuorato, è nel guado del prestito con diritto di riscatto, si può capire cosa gli frulli per la testa. Ieri è stato uno dei migliori della sua squadra, alla fine era stremato, in ginocchio in mezzo al campo, hanno dovuto tirarlo su con un cucchiaino, ha corso e sbagliato molto come suo solito, ma perlomeno si è battuto. Di Francesco era un fantasmino in attesa della notizia ferale, l'unico che non l'ha disonorato è stato Floro Flores, suoi i pochi tiri in porta degli emiliani.
Giovedì a San Siro arriva la Fiorentina, ieri ha vinto anche lei e Vincenzo Montella ha già messo le mani avanti: «Certo che l'Inter può puntare allo scudetto, è una grande squadra e ha un allenatore esperto». L'unico nel coro di ieri che non ha schiacciato la prova dell'Inter sotto una scarpa: una vittoria che non fa testo, tutto troppo facile.
É vero, non c'è stata partita, Di Francesco sconsolato su una sedia in un angolo dello spogliatoio, ripeteva che ogni volta che Alvarez scendeva era un gol. Mazzarri alla fine, quasi stufo, un po' si è tradito: «Nelle partite precedenti il Sassuolo ha creato tanto e subito poco. Io le ho viste le sue partite, meritava di più.
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