Us Open al via nel caos Usa e con l'Atp ormai spaccata

Nell'America spaccata da Covid e proteste razziali, gli organizzatori degli Us Open non hanno voluto sentire ragioni: the show must go on. Eppure non è un bello spettacolo

Us Open al via nel caos Usa  e con l'Atp ormai spaccata

Riecco un torneo dello Slam, ma ne valeva davvero la pena? Per carità: i tennisti devono pur tornare a guadagnare, ma è il come che stona, non tanto il perché. Nell'America spaccata da Covid e proteste razziali, gli organizzatori degli Us Open non hanno voluto sentire ragioni: the show must go on. Eppure non è un bello spettacolo. Per esempio: si gioca in stadi vuoti e desolati, e che Slam è senza epica e pubblico? E poi: parliamo del numero uno. Dopo aver detto che lui a New York non ci sarebbe andato perché la salute viene prima di tutto, Novak Djokovic si è organizzato il suo Adria Tour finendo per spargere virus anche a se stesso.

Alla fine a Flushing Meadows si è presentato a caccia di un nuovo Major, e qualcuno ricorda che non ci saranno né Federer, né soprattutto Nadal (campione uscente). Mica colpa sua, certo, e poi in fondo potrebbero vincere anche Thiem, Medvedev, Zverev o Tsitsipas (o Berrettini...). Però il suo possibilissimo diciottesimo Slam potrebbe avere per tutti un asterisco. In tutto questo poi c'è anche la questione Atp: Nole sta guidando la rivolta e cominciano ad arrivare le prime dimissioni (si attende a ore la sua). L'associazione giocatori ha reagito con un comunicato in cui chiede «unità», però risulta assente non tanto giustificata (secondo molti iscritti) nei suoi vertici, gli italiani Andrea Gaudenzi e Massimo Calvelli.

E così tra politica e polemiche, nella bolla di New York il virus e la questione nera non sembrano al primo posto (ci pensano solo Serena Williams e Naomi Osaka).

E neanche troppo il tennis giocato, anche se si parte con dieci italiani in tabellone maschile - Berrettini è numero 6, Fognini non c'è - e questo ci fa felici. Però si parte anche perché alla fine agli Us Open il mondo non cambia: business resta sempre business. E questo pure Djokovic lo ha capito da tempo.

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