Le ricostruzioni post, anche in materia di calcio, spesso producono effetti stravaganti oltre che fuorvianti. Gian Piero Ventura, ct della famosa apocalisse 2017, ha ridotto la sua clamorosa eliminazione a un dettaglio, e cioè al fatto che «mentre a San Siro mi presentai da solo in sala stampa, Mancini aveva al suo fianco Gravina nella notte di Palermo». La forma è diversa, ma anche la sostanza. La prima differenza: otto mesi prima, lo stesso ct Mancini alla guida della stessa Nazionale, sono passati attraverso il trionfo europeo di Wembley. Non una conquista qualsiasi, insomma! La seconda differenza, come la prima non di poco conto, è costituita dal clima registrato prima e durante Italia-Svezia in Nazionale.
Per chi avesse memoria corta durante il ritiro di Appiano Gentile, ci fu una sorta di rivolta dello spogliatoio nei confronti del ct e delle sue discusse scelte (Gabbiadini, ndr), segno di una sfiducia latente del gruppo azzurro riconfermata plasticamente poi dal rifiuto di De Rossi di entrare in campo. A Palermo il primo attestato di fiducia nei confronti di Mancini è avvenuto dallo spogliatoio, parole di Giorgio Chiellini.
Terza e ultima differenza: Carlo Tavecchio era già commissariato. La scelta del sostituto di Conte avvenne a casa del presidente del Coni Malagò su indicazione di Marcello Lippi. Tavecchio la ratificò. Non solo.
Al primo consiglio federale post
Svezia, la lega dilettanti, da cui proveniva Tavecchio, votò la sfiducia spingendolo alle dimissioni. Gravina ha conservato dopo Palermo una solida e stabile maggioranza. Fine delle differenze e delle ricostruzioni stravaganti.
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