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Vettel e Ferrari, un trionfo figlio del lavoro e del dolore

In Bahrein Seb con le gomme finite resiste a Bottas e centra la seconda vittoria di fila. Kimi investe il proprio meccanico

Vettel e Ferrari, un trionfo figlio del lavoro e del dolore

Una vittoria umana. Nell'adrenalina che ha saputo regalare, nei rischi che gente famosa e meno famosa si è presa, nei pericoli stavolta tangibili più che in altre occasioni e palpabili persino da dietro il telecomando. Vittoria umana nel dolore di Francesco Cigarini, il meccanico di rosso vestito steso per terra abbattuto, investito, travolto dalla gomma posteriore sinistra della Ferrari di Kimi durante il pit stop. Umana nel talento, stavolta perfetto, di Sebastiano apparso così diverso dal robottino bravino e carino andato in scena a Melbourne due settimane fa. Sebastiano che nel giorno del suo duecentesimo Gran premio ha condotto il Cavallino al trionfo davanti a Bottas in piena rimonta e al diretto rivale Hamilton, correndo e combattendo per trentanove giri su delle gomme diventate, passaggio dopo passaggio, prima sandaletti poi infradito, ciabatte e alla fine praticamente niente che quasi Sebastiano sembrava Fred Flinstone degli Antenati che zampettava facendo nuvolette pur di tenere lontano il finlandese.

Una vittoria umana nella strategia adottata dal box che non si capisce se sia stata pensata o frutto del caos più che del caso, visto che con il meccanico a terra con la gamba a pezzi e i soccorsi attorno e la confusione Vettel è stato costretto a restare fuori in pista quei giri in più che hanno poi reso impossibile puntare a una seconda sosta. Una vittoria resa più umana dagli umani errori e dalle umane sfortune di Raikkonen che se non si fosse fatto pirlare al via forse sarebbe stata gara più semplice per le Rosse. Una vittoria umana anche e soprattutto nelle parole giuste di Maurizio Arrivabene che ha parlato prima del metalmeccanico con stipendio, indennità di trasferta e tredicesima come noi pincopalla della vita e solo poi del campione tedesco con ingaggio mega milionario e jet privato.

C'era bisogno di una vittoria così umana e sincera da diventare riassunto e manifesto di tutto ciò che di bello e brutto può regalare questo sport che i padroni americani si ostinano a voler cambiare e invece andrebbe solo corretto, rettificato, aggiustato visto che nulla di noioso è andato ieri in scena. Il bello delle ruotate al via tra Hamilton e Verstappen, il bello del triplo sorpasso di Lewis a Hulkenberg, Alonso e Ochon, il bello e buffo di una Toro rosso con motore Honda che grazie a un ragazzino di nome Gasly chiude quarta alla faccia dei patimenti passati di Fernando e della McLaren, il bello della finta ordita dal box Mercedes che ha spinto Vettel a rientrare prima e montare gomma più tenera, il bello della scelta tedesca delle gomme più dure che ha poi costretto la Rossa e Sebastiano a rischiare e raschiare il tutto per tutto.

E il brutto dell'incidente che ha coinvolto la categoria più indifesa del Circus, quella dei meccanici, «tibia e perone rotto, Francesco è già all'ospedale» dirà Arrivabene, guardando verso quel podio dove, accanto a Sebastiano, è salito a ritirare il trofeo un compagno di Francesco.

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