Al gran ballo della Champions i debuttanti della Roma, allenatore compreso, se la cavano pur senza conoscere i passi giusti. Così lo 0-0 strappato all'Atletico Madrid, seconda potenza del ranking Uefa e due volte finalista nelle ultime quattro edizioni, vale come una vittoria. Un punto d'oro, frutto di una gara in cui i giallorossi hanno saputo soffrire le incursioni degli avversari e hanno provato ad alleggerire la pressione portandosi però senza costrutto dalle parti di Oblak. Muovere la classifica è importante, in un turno nel quale il Chelsea ha annientato il Qarabag (il probabile anello debole del gruppo), come tenere a portata di punti una formazione che in Champions ha sempre vinto la fase a gironi. La strada verso la qualificazione sarà lunga e difficile visto il livello delle avversarie, ma un debutto senza ko è già un dato confortante.
Anche nella serata europea emerge un dato importante: questa Roma sembra una moto con un buon potenziale, ma va saputa guidare. E se l'interpretazione del 4-3-3 con Di Francesco sembra buona (molto più di quanto riuscito in passato a Luis Enrique o al secondo Zeman in giallorosso), alla squadra manca un po' di cinismo. Oltre che una maggiore attenzione nella lettura di alcune situazioni di gioco. E sulle fasce continuano ad arrivare i pericoli maggiori, nonostante la solidità di Kolarov che fa di tutto per contenere un Saul Niguez sempre insidioso.
La Roma affronta la "battaglia" (così l'aveva definita Di Francesco alla vigilia) con il centrocampo migliore possibile: il trio Nainggolan-De Rossi-Strootman (l'olandese è al suo vero esordio in Champions con la Roma dopo i 7 minuti giocati a Mosca due anni fa). Insomma, gente tosta e combattiva per soffocare le geometrie di Gabi che nel primo tempo colleziona un incredibile 24 su 24 nel numero di passaggi completati. La gara è equilibrata soprattutto nel primo tempo, la Roma finirà in leggero vantaggio nel possesso palla, ma le occasioni migliori capitano all'Atletico con ripartenze velenose. In sequenza Saul Niguez, Griezmann e Koke (miracoloso l'intervento sulla linea di Manolas) rischiano di bucare Alisson nei primi 45 minuti, mentre il solo Nainggolan, costretto a un lavoro di copertura che ne limita le potenzialità e di fatto lo fa uscire spesso dal match, riesce a svegliare dal torpore Oblak. Segno che quando il belga avanza il suo raggio d'azione, diventa pericoloso. Uscirà in anticipo con una fasciatura alla coscia destra, con la speranza di poterlo recuperare in fretta.
Roma, dunque, poco concreta negli ultimi sedici metri quando l'Atletico Madrid le concede la possibilità di affondare i colpi. E in grande difficoltà soprattutto sulla parte destra dove Bruno Peres scompare di fronte alle discese di Koke (alla fine oltre 12 chilometri percorsi in campo). In realtà ai giallorossi manca un rigore (netto il tocco di mano in area di Vietto che l'arbitro Mazic giudica clamorosamente involontario) mentre la squadra di Simeone, che macina il suo gioco più lentamente ma con maggiore precisione, a ogni affondo pare in grado di far male. Nel secondo tempo, sale in cattedra Alisson che regala almeno tre interventi decisivi. E mentre la truppa di Simeone getta nella mischia tutte le armi possibili dalla panchina (Carrasco, Correa e Gaitan), Di Francesco decide di cambiare modulo, un 3-5-2 più prudente che reggerà botta.
L'Atletico tenta fino all'ultimo di portare a casa il risultato, Saul Niguez spara sul palo una corta ma miracolosa respinta di Alisson, la Roma tira un sospiro di sollievo per il pericolo scampato. Per i debuttanti come Di Francesco un punto che fa morale.
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