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Dal vivaio ai talent scout. La piccola Cenerentola studia da Dea d'Europa

Non solo giovanili: stadio, ricavi e lavoro sui tifosi. Così Percassi sta portando il club nel futuro

Dal vivaio ai talent scout. La piccola Cenerentola studia da Dea d'Europa

Chissà quanti bergamaschi hanno chiesto alla moglie, alla mamma o all'amico di tirargli un pizzicotto per capire se fosse tutto un sogno. E invece no,perché l'Atalanta è davvero agli ottavi di Champions. Un trionfo che ha permesso alla Dea di registrare il proprio marchio a livello europeo e ora il suo modello è, giustamente, sulla bocca di tutti. In Italia ce ne siamo accorti già da un po' e il miracolo di Kharkiv è solo l'ultima pagina di una favola che, ormai, favola non è più. È l'apoteosi del modello nerazzurro, che negli anni si è evoluto con lungimiranza e cognizione di causa. Una cosa non scontata e che sta facendo scuola: il Cagliari, ad esempio, si sta muovendo proprio in questa direzione. Ora la Dea sta raccogliendo i frutti, ma, conoscendo chi ci lavora dentro, sta continuando a seminare, anzi, non ha mai smesso, esaltando l'essenza di lavoro e sacrificio che rispecchia la sua città. L'Atalanta funziona proprio così.

I risultati sportivi hanno un impatto positivo anche sulle casse: gli ultimi due bilanci (2017 e 2018) registrano 51 milioni di euro di utili, con un fatturato intorno ai 155 milioni. Soldi e trionfi sono collegati, ma risulta difficile individuare cosa sia venuto prima: è la classica questione uovo-gallina. Di certo, però, c'è che senza un programmazione a 360º tutto questo non sarebbe stato possibile. Dal settore giovanile fino al nuovo stadio, passando ovviamente per i trionfi in campo, l'Atalanta ha intrapreso un percorso che non sa ancora dove la porterà, ma sicuramente molto lontano. Perché ogni volta che sembra arrivata, la Dea alza l'asticella.

In molti vedono in questo modello un richiamo a quello dell'Ajax, ma siamo sicuri che i due siano così simili? Certo, ci sono vari punti di contatto, quello atalantino però mostra un upgrade rispetto a quello dei lancieri. Se ad Amsterdam il vivaio è praticamente tutto, a Bergamo hanno imparato a sfruttarlo per costruire in modo intelligente una squadra competitiva. Da sempre, l'Ajax lancia futuri campioni, che poi ciclicamente vende a peso d'oro (come De Jong e De Ligt) e li rimpiazza con altri giovani fatti in casa. L'Atalanta di Gasperini, invece, tra i titolari non ha alcun giocatore del settore giovanile, visto che i migliori sono stati venduti negli ultimi anni. Basti pensare a Gagliardini, Conti, Caldara e Kessié. E a breve pure Kulusevski.

La Dea, infatti, sembra aver deciso di voler seguire una linea ben precisa, puntando su calciatori semisconosciuti o in cerca di riscatto. Alzi la mano chi conosceva Hateboer, Freuler, Castagne o Gosens. Poi, tra le tante cose, è andata a riprendere il Papu che si stava congelando in Ucraina, ha offerto a Ilicic la piazza adatta al suo talento, ha trasformato Zapata in un bomber pauroso. Infine, per farsi bella per l'Europa, si è regalata Malinovsky e Muriel. Il grande artefice rimane Gian Piero Gasperini, che a Bergamo ha trovato un'oasi felice, dove poter sperimentare senza pressioni. Si è preso dei rischi, ma ha creato un capolavoro.

La fortuna ha il suo peso, ma siamo tutti d'accordo che questa Atalanta è molto altro: una grande società, un modello esemplare e poi quella congiunzione astrale che ha fatto sì che tutti si siano trovati al posto giusto nel momento giusto.

Il resto, da mercoledì, è storia.

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