Oscar EleniQuando i restauratori dell'atletica italiana che fu sembravano sfiniti, cercando in ricordi ormai lontani, Gianmarco Tamberi è diventato il nostro Hugo Cabret. Ha cercato nelle sue percezioni d'artista il salto che potesse portarci via dal gelo, non certo quello meraviglioso di sciatori come Pellegrino e Fill, di scalatori come Moro, ma piuttosto il ghiaccio che c'era intorno all'atletica italiana.Ci ha pensato lui, questo ragazzo di Civitanova Marche nato il primo giugno del 1992, sotto le stesse stelle di Marilyn Monroe. Lo ha fatto sulla pedana dell'arena di Portland ai campionati mondiali indoor dove ha vinto l'oro che ci mancava al coperto dal 2001 (Camossi nel triplo a Lisbona), molti anni dopo l'ultima vittoria di un italiano in un mondiale, quella dell'astista Gibilisco nei campionati all'aperto di Parigi nel 2003.Ha vinto la quinta gara su cinque in questa stagione di preparazione alle Olimpiadi, è arrivato più in alto di tutti, anche saltando male, come succede agli impazienti come lui, fino alla quota di 2.36, la misura che ha valicato al primo tentativo perché dopo aver recuperato con la seconda prova a 2.33, «un salto osceno» ha confessato alla fine mentre festeggiava, ha capito che doveva pensare soltanto alla gara e non al resto. Finalmente con la testa nella battaglia mentre il favorito Mutaz Barshim si era fermato a 2.29, poco più avanti dell'altro azzurro Fassinotti nono con 2.25. Quando ha visto sbagliare l'inglese Brabarz, argento con 2.33, e l'americano Eryk Kinard, bronzo con la stessa misura del britannico, si è accarezzato la barba sulla gota sinistra, ha cercato il liscio su quella destra, perché ormai questa della mezza rasatura è diventata la sua divisa da battaglia da giano bifronte del grande sport. Ha ritrovato l'armonia e si è detto che quello era il suo momento, in fin dei conti l'asticella era 2 centimetri meno di quella del suo primato italiano del 13 febbraio ad Hustepec, in Repubblica Ceca, la stessa che aveva superato il 6 marzo nella sua Ancona per vincere il titolo nazionale con una misura mai realizzata da un italiano.Doveva essere mago, poteva davvero ridare vita ad un movimento costretto a vivere nei ricordi e anche nella depressione. Ci è riuscito. Speriamo non gli basti ed è stato lui il primo ad ammetterlo alla fine perché davanti adesso c'è la vera montagna, l'Olimpiade brasiliana dove sarà fra i favoriti, un peso che non è abituato a portare. In pedana gli piace divertire e divertirsi come ha detto spesso suo padre Marco che lo allena, un santo della pedana che, forse, era anche troppo estroso quando doveva battersi, indossò la maglia azzurra alle Olimpiadi di Mosca 1980. Un cammino insieme fra gioie ed incomprensioni, un rapporto vivace, come quello col fratello Gianluca, primatista italiano juniores nel lancio del giavellotto, una bella storia che non andrà rovinata con invasioni di campo, anche se sarebbe ora che un campione del genere potesse dedicare tutto il suo tempo al lavoro, magari nella scuola di Formia, tempio certosino dove hanno costruito le loro imprese Pietro Mennea e Sara Simeoni.Questa è anche la seconda medaglia in carriera per Gianmraco Tamberi che vinse un bronzo agli europei juniores di Tallin con il record personale di 2.25 nel 2011. Molti scuri qualche chiaro, 5° l'anno dopo agli europei assoluti di Helsinki (2.24) prima del flop olimpico a Londra dove saltò soltanto 2.21, 24°.Un inverno senza nuvole, lavorando più duro del solito, quattro riunioni indoor dominate, il primato italiano alzato a 2.
38 e, finalmente, questo oro che lo fa davvero entrare nella nuova storia dello sport nazionale, dopo una gara delle sue: errore alla misura di entrata (2.20), molti insulti a se stesso, poi la scalata riuscita fino alla fine, quando ha provato i 2.40, con un secondo tentativo che non è stato davvero male. Quello il muro, l'obiettivo pensando a Rio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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