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Lo Zoncolan incorona un... Fortunato. Ma dietro c'è lo "zampino" di Basso

Corre per il team di Ivan che qui nel 2010 mise il sigillo sulla corsa

Lo Zoncolan incorona un... Fortunato. Ma dietro c'è lo "zampino" di Basso

Dalla nebbia sbuca l'azzurro di una maglia e il sorriso radioso di Lorenzo Fortunato. Dalla nebbia dello Zoncolan che fumiga come in un girone infernale e raggela il cuore, gli occhi increduli di questo ragazzo invece ce lo scaldano. Per vincere quassù non è sufficiente esser Fortunato: bisogna essere anche bravi.

Lo Zoncolan si tinge d'azzurro, per l'ennesimo italiano che vince in questo Giro. Dopo Ganna a Torino, un filotto bellissimo, con Vendrame, Nizzolo e Fortunato. Adesso il ciclismo scopre anche questo ragazzo di 25 anni compiuti proprio sulle strade della corsa rosa (il 9 maggio): bolognese di Castel de' Britti, il paese di Tomba, il più grande sciatore di tutti i tempi e compagno di banco di suo papà Marco, capace di scendere le montagne come nessuno con gli sci ai piedi. Adesso Castel de' Britti scopre di avere un ragazzo emiliano che sa anche risalirle.

E lo fa dopo aver corso in questi giorni a viso aperto, mostrandosi in molte fughe e soprattutto con i migliori del gruppo quando la strada tendeva a salire. Ieri si è superato, dando retta fin dal mattino al suo team-manager, Ivan Basso, che sullo Zoncolan nel 2010 mise il sigillo al suo secondo Giro. «Tu non temere, vai all'attacco, che oggi si vince!», gli ha detto. E lui l'ha fatto. E l'ha fatto con una maturità inattesa per un debuttante, gestendosi per tutto il giorno e aspettando il momento giusto per riprendere lo sloveno Tratnik e sferrare poi l'attacco decisivo che gli ha permesso di arrivare solo sul traguardo.

«Sono andato in fuga per vincere la tappa, lo dici sempre ma ci credi solo quando sei lì. Albanese, il mio compagno di squadra, mi ha dato una grande mano in fuga, mi ha protetto e fatto risparmiare energie, sullo Zoncolan poi ho fatto il mio. A chi la dedico? A me stesso», racconta Fortunato, dopo aver abbracciato il suo patron (Luca Spada) su un arrivo dove, undici anni fa, a festeggiare era stato Basso.

È il giorno di Lorenzo Fortunato, ma anche di Egan Bernal. La maglia rosa sceglie di controllare tutto e tutti e sbriga la pratica Zoncolan con un'accelerazione letale negli ultimi 500 metri. Il colombiano rosa guadagna su tutti, a cominciare da Evenepoel, costretto a difendersi con i denti, e Vlasov, che dopo aver fatto lavorare i suoi Astana per tutto il giorno si spegne quando deve calciare il rigore. Adesso il terzo incomodo si chiama Simon Yates, il fantasmino di questo Giro, che fino a ieri non si era mai fatto vedere nelle posizioni di avanguardia. Ieri è l'unico a resistere a Bernal, ma alla fine qualcosa deve concedere. Bene molto bene, Damiano Caruso, che resiste e si tiene stretto il suo 3° posto nella generale.

Concede molto Vincenzo Nibali, che incassa oltre dieci minuti. Dirà all'arrivo: «Non era giornata».

Parole amare per un tempo andato, ma che fanno parte di una storia che non si cancella.

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