Spostati di 100 metri Problemi, degrado e sogni dei profughi

Viaggio nel centro aperto in via Tonale Obiettivi diversi per africani e siriani Un volontario: «Sono clandestini dentro»

Subito attivo dal primo giorno con cento registrazioni in un pomeriggio, il nuovo fulcro dei flussi migratori aperto dietro alla stazione Centrale non ha cambiato le abitudini dei migranti. «Alcuni sono clandestini dentro - scherza uno dei volontari all'opera già dal mattino - come direbbe Salvini». In particolare c'è una netta differenza di atteggiamento e non solo economica tra i siriani e gli africani, almeno a sentire quanto racconta chi è in prima linea nella macchina che prova a gestire i flussi migratori. Da una parte c'è chi arriva con zaini e valigie, dall'altra chi possiede soltanto quello che indossa. Da una parte c'è una diffusa padronanza di almeno una lingua europea, inglese e francese in particolare, dall'altra chi conosce solo quella del proprio Paese d'origine. Da una parte c'è la disponibilità a utilizzare le strutture che le istituzioni del territorio mettono a disposizione, dall'altra chi le usa solo lo stretto necessario e preferisce vivere per strada. «Gli africani preferiscono dormire nei giardinetti - spiegano dall'hub ospitato dai locali di Grandi stazioni - perché ci sono persone delle loro etnie che li spingono a restare lì, in parte per la diffidenza verso i riconoscimenti, in parte perché questi soggetti si offrono di fare da ponte per i soldi che le famiglie inviano dall'Africa: se li fanno mandare a nome proprio, visto che hanno documenti regolari, e li ritirano dandoli al migrante in cambio di una piccola percentuale». Per questo, tendenzialmente, gli africani si presentano dai volontari solo per mangiare, poi tornano ai giardinetti.

Un esempio delle differenze di approccio è quello di ieri mattina: sei africani, la nazionalità è incerta perché non parlavano lingue europee, hanno chiesto a gesti del cibo e gli è stata fornita volentieri una colazione. Sono rimasti nei locali del sottopasso di via Tonale per un paio d'ore, dove per inciso non sono ancora arrivate le postazioni internet annunciate dall'Amministrazione comunale, poi senza dire niente sono tornati in strada. Nel frattempo sono arrivati tre siriani che hanno chiesto in inglese della cooperante araba con cui avevano preso un accordo il giorno precedente, devono prendere un treno per Parigi, che però in quel momento era assente. Hanno dunque chiesto indicazioni per trovare un barbiere in zona e, ottenutele, hanno ringraziato e salutato dopo aver rifiutato con un sorriso la colazione offerta dai volontari. Piccoli episodi che sono destinati a ripetersi un'infinità di volte: «Qui la situazione andrà avanti per anni - constata un volontario - perché devono arrivare ancora da molte nazioni africane e poi sono iniziati i respingimenti dai Paesi del Nord Europa: dalla Danimarca, ad esempio, è arrivata gente che era lì già da due anni e aveva un lavoro e i figli a scuola; il nostro scopo per il momento è di riuscire a tenere aperto il corridoio umanitario». Intanto l'apertura dell'hub, dove le registrazioni vengono prese dalle 14 alle 22, attira le critiche della Lega Nord di zona: «Spostare gli immigrati presenti in Stazione Centrale a 100 metri di distanza non risolve il problema sanitario e di decoro urbano» ha commentato Samuele Piscina, capogruppo leghista in Zona 2.

Questa però è la soluzione adottata per il momento dal Comune, anche se agli stessi migranti piace fino a un certo punto dato che preferiscono i giardinetti, in attesa dei locali che verranno pronti in via Sammartini entro fine luglio. La campagna elettorale poi potrebbe riservare altre sorprese perché l'hub dovrebbe essere una soluzione solo temporanea.

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