Prima ha commosso il Texas, poi l'America, ora sta commuovendo il mondo intero. E' la storia di Spot, l'ennesimo cane che fa riflettere su un fenomeno che si presta molto bene all'antropomorfizzazione, ovvero a introdurre negli animali sentimenti che parrebbero essere di esclusiva competenza umana. Ma qui i condizionali sono d'obbligo ed è giusto farne largo uso, perché ormai sappiamo che anche gli animali provano sentimenti. D'altronde basta vedere i pochi minuti di questo video, per rendersi conto, attraverso lo sguardo di questo cane, che nella sua mente c'è qualcosa di più che il semplice istinto, la semplice risposta di relais neuronali, come vorrebbero i moderni seguaci di un positivismo cartesiano che ha perso la sua battaglia con la storia.
Andate a vedere il video (basta battere "Spot il cane" su qualunque motore di ricerca) e capirete cosa intendo dire. L'espressione triste e malinconica (i Pointer ce l'hanno già di per sé) di questa femmina di cane da caccia che attende sulla statale di Loan Oak (Texas) il suo padrone, deve convincere chiunque che il ricordo dei defunti e la mancata rassegnazione per la loro dipartita non sono prerogative umane. Da cinque mesi, da quel maledetto giugno in cui un autista sbronzo ha investito Wayne Giroux, Spot si reca ogni giorno su quella strada e si mette seduta, le orecchie ritte e attende. Quando sente in lontananza il rumore di una macchina simile a quella di Wayne, le orecchie si alzano, gli occhi scrutano avanti, il corpo si tende e trema, nell'attesa che da quell'auto si apra una portiera e che Wayne superi il frastuono del motore con il suo "Come on up, Spot!" (Sali su, Spot!). Ma l'auto non si ferma e, mentre corre veloce, verso l'orizzonte, le orecchie reclinano, gli occhi si velano di malinconia e Spot torna a sedersi, nell'attesa della prossima. E' così da cinque mesi, tutti i santi giorni. "Non ho alcun dubbio su chi stia aspettando" dice davanti ai microfoni Paul, il figlio di Wayne" e credetemi, mi si spezza il cuore quando percorro quella strada e la vedo là seduta, al solito posto". Ho visto il video diverse volte e in diversi siti e devo dire che, nel sottotitolo di uno di questi, c'era scritto: "tenete a portata di mano un fazzoletto di carta". Non era una trovata pubblicitaria.
La storia di questo cane ovviamente non può che ricordare quella di un suo famoso simile, l'Akita Inu di nome Hachi, reso celebre dal recente film con Richard Gere, che attese alla stazione di Shibuya per 10 lunghi anni il suo padrone Ueno, docente di agraria morto per infarto durante il viaggio verso l'università dove insegnava.
D'altronde nessuna visita alla città di Edimburgo può dirsi completa se manca l'omaggio, in Candlemaker Row, alla statua del piccolo Skye Terrier di nome Bobby, che attese per 14 anni il suo padrone, John Gray morto nel 1858.
E' del giugno di quest'anno la storia di Ambra, la femmina di Husky, rimasta per giorni a 3000 metri in mezzo a gelo e valanghe ad attendere Francesco Zavattiero, l'alpinista con il quale viveva in simbiosi, purtroppo morto tra i ghiacci eterni.
Trovo solo due termini per spiegare questi atteggiamenti: fedeltà e lealtà e li pronuncio con grande cautela, quasi chiedendo scusa. Ai cani.
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