Sprechi all’Arena, tutta Verona vuole cacciare il sovrintendente

Unione e centrodestra chiedono le dimissioni del presidente della fondazione, difeso solo dal sindaco ulivista che lo impose nel 2003

Stefano Filippi

nostro inviato a Verona

«Orazi basta»: gli adesivi gialli hanno tappezzato per settimane ogni angolo del centro storico e per qualche giorno anche il portone di casa sua. Chi è Orazi? I turisti prenatalizi si guardavano sconcertati, i veronesi sorridevano. Claudio Orazi è il sovrintendente dell'Arena, il tempio del bel canto, il più grande e famoso teatro lirico all'aperto del mondo. Orazi ha fatto un miracolo: è riuscito a mettere assieme Ds, An e sindacati. Tutti assieme appassionatamente contro di lui. Dino Facchini, leader di lungo corso della Quercia, ha tuonato che «l'Arena non può essere gestita come una bottega di affettati», un tanto al chilo. Paolo Danieli, senatore di Alleanza nazionale, ha chiesto il commissariamento al ministro Rocco Buttiglione. A fine novembre i rappresentanti degli orchestrali hanno lavorato nel giorno di sciopero («Messa da requiem» di Mozart gratuita contro la Finanziaria) e una settimana dopo hanno scioperato in seguito al licenziamento di un collega. A sei mesi dalla scadenza del mandato, Orazi vacilla e con lui il sindaco ulivista Paolo Zanotto, suo grande elettore. Tremano anche i 360 dipendenti (che diventano 1.500 in estate), che hanno temuto di non incassare gli stipendi di novembre e dicembre: paura fugata soltanto da una generosa anticipazione di Unicredit.
Le sforbiciate del governo al fondo per lo spettacolo (due milioni e 700mila euro in meno alla fondazione veronese) sono una mazzata per l'Arena. Che però è in emergenza da anni. L'ultimo bilancio chiuso in attivo è del 2001. Gli spettatori calano lentamente ma inesorabilmente. L'immagine dell'anfiteatro è appannata, gli uffici marketing latitano, i turisti girano alla larga. Le conflittualità interne esplodono in incomprensioni, licenziamenti, contenziosi, tensioni sindacali. Sconcertano alcune scelte artistiche. Negli ultimi mesi sono state annunciate quattro tournée all'estero: Giappone, Spagna, Cina, Australia. Strumenti promozionali importantissimi per l'anfiteatro scaligero. Ma le prime due trasferte sono saltate, e delle altre non si è più saputo nulla.
Il caso più clamoroso è dell'agosto 2004, spettacolo «La corona di pietra» in diretta tv con la voce di Placido Domingo per celebrare gli anfiteatri romani sparsi nel Mediterraneo. Dopo mezz'ora di filmati scadenti (erano stati promessi collegamenti in diretta) e orchestra microfonata, i fischi dei 15mila melomani giunti da tutta Europa hanno costretto a togliere le immagini e ripiegare su «Va' pensiero» e altro repertorio tradizionale. Un'interrogazione parlamentare di Danieli ha svelato i costi della fallimentare operazione: quasi 900mila euro, di cui 500mila sborsati dal Banco popolare di Verona. «Un danno economico e una perdita d'immagine - ha notato il senatore di An - che depauperano un patrimonio della città». L'indotto dell'Arena è sui 700 milioni di euro annui.
Orazi è l'imputato numero uno. Giunse a Verona tre anni fa, pochi mesi dopo la vittoria elettorale del centrosinistra. Il neosindaco Zanotto lo impose al cda della Fondazione Arena, che si spaccò al momento di votarlo: tre consiglieri su sette se ne andarono. Il nuovo sovrintendente aveva 43 anni, il più giovane d'Italia, e aveva guidato soltanto lo Sferisterio di Macerata, la sua città natale. Oggi fa sapere di aver risparmiato cinque milioni e mezzo di euro rispetto al 2004 e di non temere critiche. Ma bacchettate gli sono arrivate anche da sedi istituzionali come la Provincia di Verona, che deve valutare se acquisire quote ed entrare nel cda. «Nessuna organizzazione economica può pensare di essere gestita all'insegna di questa precarietà di risorse», si legge nella relazione del consulente incaricato di studiare i bilanci della fondazione. Cariverona ha versato la quota annuale accompagnandola con una nota scritta in cui riconfermava «l'appoggio di fronte a un nuovo piano progettuale e finanziario condiviso da tutti i soci» che evidentemente appariva nebuloso. «Il particolare momento che sta vivendo la fondazione Arena - ha sottolineato Cariverona - non ha certo bisogno di confusione, tanto più quando la stessa viene alimentata da chi è chiamato ad amministrarla».
Il grido di dolore per il taglio ai fondi dello spettacolo, la denuncia dei mancati contributi dei soci, l'allarme per gli stipendi degli orchestrali rientrato grazie all'intervento provvidenziale di una banca. Infine la dura vertenza sindacale, con la Cisl che ha accusato Orazi di essere «incapace di governare le complicazioni, anche le più risolvibili», e ha implorato da Babbo Natale Buttiglione «un bel regalo sotto l'albero: un nuovo e capace sovrintendente».
Sullo sfondo, una violenta polemica che ha lacerato il centrosinistra. Sette partiti dell'Unione su otto hanno chiesto le dimissioni di Orazi (che però è rimasto in sella per l'appoggio del sindaco e del cda): Margherita e qualche diessino, tra cui il segretario provinciale, hanno però preso le distanze.

Il Pdci voleva cacciare anche il coordinatore provinciale dell'Unione, il rutelliano Giampaolo Fogliardi, mentre nella Quercia sono tutti contro tutti. L'Arena sta tornando quella di duemila anni fa: circenses e teste che rotolano.

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