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Pronto? Pino Insegno? È il Giornale, buonasera. Volevamo alcune delucidazioni sui suoi rapporti con Alitalia...
«(ecco, lo sapevo, mo’ questi me rovinano la partita della Lazio...) Buonasera a voi. Ho poco tempo, dite pure»
Conferma che Alitalia, in piena crisi, si è rivolta a lei e alla sua società Ince per alcune iniziative pagate, diciamo così, a dir poco profumatamente?
«Non è così. Come società abbiamo fatto un solo evento importante per i 60anni di Alitalia, una cosa mite al Salone Margherita, ed è stato pagato relativamente poco. Si chiamava “Sulle ali di un sogno”. Qualche migliaia di euro per 42 persone in scena, dodici spettacoli. Alla fine io ho guadagnato appena 8mila euro».
Niente a che fare con lo spettacolo negli Usa, madrina Isabella Rossellini, per i 50 anni del primo volo su New York?
«Io no».
Passiamo alla campagna pubblicitaria aziendale a voi delegata.
«La feci una decina di anni fa con la Premiata Ditta, io che c’entro?»
E il restyling di Ulisse 2000, il magazine distribuito a bordo? I sindacalisti si dicono inorriditi dalle cifre...
«La mia società ha fatto diventare Ulisse una vera rivista, bella, completa. Per la prima volta dà soldi ad Alitalia a differenza di quanto avveniva prima. Prendete il vecchio Ulisse e il nuovo Ulisse, guardatela la differenza! Fate un’analisi di cosa ci facevano prima con quel giornale. E i sindacati? Non hanno niente di meglio da fare che accusare una società di comunicazione solo perché c’è un nome importante dentro? (interviene il socio di Insegno, ndr). “Salve, scusi ma noi abbiamo fatto una signora rivista, ci mettiamo pure i soldi sopra e lavoriamo a nostro rischio e pericolo per via di questa crisi. Se continua così i nostri dieci giornalisti rischiano di perdere il posto”...».
Senta Insegno, è vero che Alitalia ha sponsorizzato il «suo» festival del doppiaggio? Sa niente di soldi elargiti per borse di studio a giovani attori.
«Non ne so nulla, sul festival non è arrivata una lira».


Lei recentemente ha girato spot per Alitalia e si è parlato di una consulenza da un milione di euro per curare l’immagine della compagnia...
«Ma maaagari! Se era così mica stavo a parlà con te, te facevo una pernacchia e t’attaccavo er telefono in faccia. E mo’ te saluto...».

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