«So trasteverina e me ne vanto», dice con orgoglio Vincenza Gemma, 100 anni, festeggiata dai due figli, le nuore, 5 nipoti e altrettanti bisnipoti, una cerchia di parenti e amici, il Comune con una medaglia («chissà che ci faccio»), benedizione del parroco e Santa Messa di ringraziamento. Sempre vicino la fedele Maria Filip della Moldova, che sta con lei da 9 anni. «Quasi una fijja». Fra i regali anche un lettore dvd perché la signora Vincenza andava allOpera, al Sistina per la rivista e al cinema e ama la musica, segue la tv, «dovevo andare da Cucuzza», non si perde la lettura di «Intimità» e gioca a Scala Quaranta. Per il pranzo della festa di compleanno ha un abito nuovo di un bel color blu petrolio, comprato a viale Marconi. «Na caciara quando hanno saputo che avevo centanni».
Da brava sarta la signora Vincenza ci tiene alleleganza. Aveva sempre dei modelli unici, fatti da lei. «Dicono che so un po fanatica». Lultimo, «non trovavo un vestito con le maniche lunghe», lha cucito due anni fa provandolo su un manichino Singer della sua taglia, che ha regalato solo questa estate.
Nata il 26 ottobre 1907 accanto a S.Cecilia (il padre era custode della chiesa e dellannesso convento delle suore benedettine di clausura), da Trastevere non si è mai mossa, salvo che per le vacanze. Sposata a 20 anni con Francesco Benvenuto di Maiori, un fine ebanista (scomparso nell80), che lavorava per il ministero degli Esteri si trasferì a S.Cosimato e quando i figli si sono laureati, uno avvocato, laltro ingegnere che fa rigare ancora dritti (una pupa morì a 4 anni di morbillo, «non cera la penicillina»), andò nella casa in cui abita a Lungotevere Portuense. «La comprammo sulla carta, 50 anni fa, costò 6 milioni», ricorda. E in questa casa da cui si vede il Mattatoio, «viene una musica forte che non mi fa dormire», il Tevere e allorizzonte Rocca di Papa, ha continuato a fare la sarta, «fino a quando non abbiamo finito di pagare il mutuo», continua. Non sembra proprio che abbia un secolo sulle spalle. «In tempo di guerra (ne ha viste tre) lavoravo in cambio di roba. I sacerdoti di S.Cecilia avevano terreni a Grotte di Castro, le impiegate del Ministero della Pubblica istruzione mi pagavano i vestiti con i buoni che potevo spendere alla Rinascente. Mi portavano le stoffe a casa e io uscivo solo per prendere le forniture a Campo Marzio e passando davanti a Giolitti mi compravo lo squaijjo di cioccolato». Fra le sue clienti lambasciatrice del Cile. «Quando andavo lì i camerieri mi facevano passare in cucina e mi davano sempre qualcosa».
Ricorda il passato, ma è ben ancorata al presente, alle riunioni di condominio a cui non va più. «Litigavo».
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