Fra le polemiche ricorrenti sulla fiction tv, accusata di mitizzare i delinquenti dai colletti più o meno bianchi e di descrivere l’Italia in balia delle organizzazioni criminali di origine meridionale, torna stasera su Canale 5 Squadra antimafia. A parlare di danni all’immagine internazionale del Bel Paese è stato più volte Silvio Berlusconi, a lamentarsi dei racconti tv dedicato ai fuorilegge sono stati alcuni magistrati.
E da stasera, probabilmente, si ricomincia con la seconda serie: otto puntate con eroi vecchi (il vicequestore Claudia Mares, interpretato da Simona Cavallari; Ivan Di Meo, l’ex buono che ha il volto di Claudio Gioè; Rosy Abate, il personaggio di Giulia Michelini) e nuovi (Luca Serino, «il ragioniere» interpretato da Francesco Mandelli; Sandro Pietrangeli detto Pietra, nei panni del quale si è messo Giordano De Plano...). Alla regia Beniamino Catena. La fiction racconta il lavoro dell’Antimafia di Palermo alle prese con i mafiosi che stanno facendo accordi con calabresi e colombiani. Di mezzo, però, ci sono anche i servizi segreti, che si intromettono con un personaggio poco raccomandabile.
Il produttore Pietro Valsecchi è intervenuto sulla polemica infinita di cui sopra. «Ognuno può dire ciò che vuole - aveva osservato -. Io continuo a realizzare fiction sui poliziotti contro i mafiosi perché questo è il mestiere e perché quelli sono i film che mi riescono meglio». E poi, soprattutto: «fiction come queste non danneggiano l’immagine dell’Italia, mostrano il grande lavoro di intelligence delle nostre forze dell’ordine». Insomma, il messaggio è positivo: le istituzioni possono vincere.
E sul tema è intervenuto anche Claudio Gioè, l’attore palermitano che è stato Totò Riina nella fiction Il capo dei capi ed è abituato ai ruoli impegnati (I cento passi, La meglio gioventù...). Nella serie che va in onda da stasera è l’enigmatico «resuscitato» (nella prima serie era stato dato per morto) in pericolo costante e in altrettanto costante equilibrio fra bene e male. Secondo lui, che sia una fiction a parlare di mafia «non è risolutivo, ma almeno si racconta un problema del nostro Paese; i giovani possono sapere che volendo le si può stare alla larga».
«Da siciliano - spiega l’attore, che nei mesi scorsi ha portato a teatro con Neri Marcorè un’opera tratta da un testo di Roberto Saviano -, posso dire che la mafia che raccontiamo in Squadra antimafia è abbastanza veritiera, nel deserto d’informazione che ci circonda, la cultura e l’arte sono le uniche armi che abbiamo. Ma va anche detto che spesso la realtà in Sicilia supera la finzione. La fiction serve a ricordare cosa è successo nella mia città negli ultimi cinquant’anni, prima del risveglio civile dopo gli attentati di Falcone e Borsellino. Ecco, io non voglio rivivere l’atmosfera che respiravo a Palermo quando ero bambino». Quanto a quella sua interpretazione di Riina, Gioè ricorda: «ho messo alla prova me stesso con quel ruolo, volevo vedere fino a che punto potevo arrivare».
Una sfida analoga a quelle con le quali si sono cimentati gli attori che fanno i cattivi in Squadra antimafia 2: Sergio Friscia (è Nardo Abate, boss latitante), Gaetano Aronica (è l’avvocato Cifalà, figura di riferimento per la famiglia di Nardo), Paolo Pierobon (interpreta un agente dei servizi segreti che fa il doppio o il triplo gioco) e Fabrizio Corona (è il killer chiamato il Catanese). Polemiche politiche a parte, è proprio Corona l’elemento di novità e di interesse che più ha colpito i media, come ha fatto notare l’autore Sandrone Dazieri («sembra che il protagonista sia lui»).
Il fidanzato di Belen Rodriguez, finito in cella tre anni fa nell’ambito delle inchieste relative al cosiddetto caso Vallettopoli, si vede in due sole puntate ma lascia il segno. Se non per la recitazione almeno dal punto di vista della trama, visto che ammazza qualcuno che sta molto a cuore alla protagonista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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