Lo squaletto Nibali: «Salverò l’Italia al Tour»

È da sempre il giallo dell’estate. Un romanzo giunto alla sua 96ª edizione. Caldo, sole, mamme e bimbi in vacanza, voglia di granita, gelato e un tuffo in mare, con quei dannati del pedale costretti invece a stare in sella per delle ore. È il Tour bellezza, non ci potete fare niente. Scatta domani la corsa più grande del mondo, con una tappa a cronometro nel cuore di una delle città-nazione più piccole del globo: Montecarlo. Torna Armstrong, con i suoi sette sigilli. Torna Contador, che vuole aggiungere un Tour a quello già vinto nel 2006. Ci sarà Carlos Sastre, l’ultimo vincitore. E con lui Evans, Menchov e i fratelli Schleck. Al via anche quindici italiani, guidati dal campione del mondo Alessandro Ballan, dal neo tricolore Filippo Pozzato e dalla speranza di un’Italia delle due ruote ridotta ai minimi termini: Vincenzo Nibali.
Lo «squalo dello Stretto» per il momento è un pesciolino. Crescerà, diventerà spietato, Vincenzo Nibali, 24 anni, unica grande speranza italica per la classifica. Sarà lui, con a fianco i compagni di squadra Franco Pellizotti (terzo al Giro) e il ceco Roman Kreuziger, a tenere alta la bandiera di un movimento decapitato in questi anni di scandali. Vincenzo è al suo secondo Tour, dopo l’esordio dell’anno scorso: 20° in classifica generale, a 25’39’’ dal vincitore Carlos Sastre. Terzo miglior giovane della Grande Boucle, ma non chiedetegli nulla sulla maglia bianca, perché potreste vederlo fuggire via a gambe levate. «L’ho vestita al Giro e sono caduto. L’ho vestita al Tour l’anno scorso e sono caduto. Basta, voglio pensare solo a far bene, ad arrivare il più vicino alla maglia gialla, il meno distante possibile dai migliori».
Vincenzo Nibali è un siciliano di Messina, trapiantato ormai da otto anni a Mastromarco, comune di Lamporecchio (Pistoia). Lì si trasferì da autentico emigrante del pedale a 17 anni per cercare fortuna in una delle regioni più ciclistiche d’Italia. Ha vissuto per qualche anno in casa di Carlo Franceschi, il suo direttore sportivo, che l’ha adottato come un figlio. Oggi ha una villetta di sua proprietà davanti al ritiro della Mastromarco, la squadra nella quale è cresciuto e che gli ha permesso di varcare la soglia del professionismo con le stimmate del predestinato. «Sono stufo di essere considerato l’eterna promessa, chiedo a me stesso qualcosa di più ­ ci dice -. Parto con grandi motivazioni e ambizioni. Il mio sogno? Entrare nei primi dieci».
Fidanzato con Elena, ragazza messinese che porterà all’altare a fine stagione, ha un fratello, Antonio, 17 anni, che corre in bici. «Per me il Tour è il ciclismo e per me il ciclismo è tutto», dice. Ambisce anche a vincere una tappa. «Se fosse quella del Mont Ventoux...», dice sognante. Vede Contador favorito. «Sarà difficile batterlo», assicura. Ma non dà per finito Armstrong. «È un fuoriclasse», ricorda. Sa di avere gli occhi di una nazione addosso. «Mi piace, ma devo imparare a sopportare anche la pressione di un grande evento», ammette. Avrà anche molti tifosi al seguito: i “canNibali”. «Domani, a Montecarlo ci saranno almeno quattro pullman pieni di tifosi. Verranno anche a Verbier e sul Mont Ventoux, ma non è detto che non li trovi anche in altre tappe». E poi difende il suo sport: «Dateci fiducia. Vedrete, sarà un bel Tour, senza scandali e con tanti colpi di scena», promette. E chiede pazienza.

«È vero, Contador ha solo due anni più del sottoscritto, e ha già vinto Giro, Tour e Vuelta. Ma ognuno ha i suoi tempi. Evans, per esempio, è cresciuto pian piano. Io spero di fare altrettanto. Lo so, i miei tifosi sognano e mi chiamano lo “squalo dello Stretto”, però per ora sono solo un pesciolino».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica