Lo Squalo contro tutti Ma dà le notizie solo se gli fa comodo

LondraChi è davvero Rupert Murdoch? Un magnate impegnato in una battaglia globale per il business che ha tanti fronti aperti. E su ciascuno, il tycoon combatte con una strategia diversa, a volte opposta, dall’altro. In Italia c’è chi, soprattutto a sinistra, lo considera un alfiere del pluralismo dell’informazione, della tv di qualità. Paradossalmente, sono proprio i progressisti negli Usa ad attaccarlo per il modo in cui gestisce l’informazione. E in Inghilterra è invece considerato il re del gossip.
Partiamo dal Regno Unito: quando è scoppiato lo scandalo dei rimborsi facili, non tutti i giornali hanno reagito alla stessa maniera. C’è stato chi ha lanciato la notizia, chi l’ha freneticamente rincorsa, chi l’ha perfino snobbata un pochino e chi ha pensato che allo stesso tempo era meglio andare a frugare in casa altrui.
Quando il 7 aprile scorso il Daily Telegraph ha messo in piazza le spese folli di mezzo Parlamento britannico è scoppiato il finimondo. Venuto in possesso di un cd con i dati grezzi di tutte le spese e i rimborsi ricevuti dai deputati, il giornale ha dato il via a una serie scioccante di rivelazioni che ancora non hanno finito di stupire.
La prima serie di indiscrezioni aveva infatti portato alle dimissioni di Andrew McKay, uno dei principali consiglieri del leader dei Tories David Cameron, che in quattro anni si era fatto pagare 170mila sterline insieme alla moglie, e alla sospensione dell’ex sottosegretario laburista all'Ambiente Elliott Moreley, che si era fatto rimborsare 16.800 sterline per un mutuo che aveva già estinto. Con le mani nel sacco erano finiti i membri di ogni fazione politica e per la prima volta in 300 anni fu costretto a dimettersi perfino lo speaker della Camera Michael Martin. In quei mesi, giornalisticamente parlando, la parte del leone la fece soprattutto il Telegraph con i suoi resoconti dettagliati e i suoi supplementi sull’argomento.
Battuto sul tempo e con il fiato corto il Times di Murdoch fu il giornale che guardò la notizia con il maggior distacco possibile. Pubblicò nomi e cognomi e fotografie come doveva, ma non dimenticò di scrivere la sua brava predica sull’etica del giornalismo e sulla moralità di quei soldi pagati dagli avversari per assicurarsi lo scoop. Poi preferì distogliere lo sguardo per andare a sfruculiare all’estero. Così, quando di certo a Londra non scarseggiavano le notizie, il Times invitava i suoi lettori a conoscere più da vicino l’Italia e soprattutto il suo Primo ministro. Il 22 giugno del 2009, mentre l’assistente personale del sindaco di Londra Boris Johnson presenta le dimissioni per uno scandalo finanziario, il quotidiano dedica ampio spazio alla veline del presidente ben conoscendo i gusti gossippari del pubblico britannico. Da quel momento ogni spunto sarà buono per tirare in ballo il Premier o il governo italiano. E mentre si scopre che l'ex ministro degli Interni Smith si era fatta rimborsare anche i filmini porno noleggiati dal marito e che il premier Gordon Brown dovrà restituire 12mila sterline e uno sconosciuto deputato del Wiltshire più di centomila, il quotidiano rivela che i servizi segreti italiani avrebbero pagato i talebani perché non attaccassero le zone dove sono in servizio le loro truppe.
Ancora, mentre i politici inglesi perdono affidabilità su tutti i fronti, il Times si preoccupa dell’illegittimità del Lodo Alfano - come se i suoi lettori sapessero di che si tratta - e s'indigna per le battute di Berlusconi sulla signora Bindi.
Negli Usa, dove Murdoch è padrone dell’informazione tv con la sua FoxNews (oltre che del Wall Street Journal) la Casa Bianca accusa la rete di essere un partito parallelo, schierato con i repubblicani.

Ieri Murdoch è sceso in campo in prima persona con una replica al veleno: «Siamo preoccupati per il clima degli affari e ci chiediamo se scoraggerà la creazione di nuovi posti di lavoro». Colpa di Obama? «C’è la percezione pubblica che questo governo sia anti business. Non dico che sia una percezione corretta, ma c’è». Che denti, lo Squalo australiano.

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