Allo Stadera «l’infermiere di quartiere»

L’esperimento partirà nelle zone più degradate. Obiettivo: evitare le corse al pronto soccorso per casi non gravi

Allo Stadera «l’infermiere di quartiere»

Marisa de Moliner

Dopo il vigile e il poliziotto di quartiere arriva l'infermiere di zona. Indicato dal suo ideatore come l'infermiere di famiglia. Un paramedico destinato ai rioni più disastrati come lo Stadera che servirà a chi viene dimesso precocemente dagli ospedali e non solo. Questo infermiere dovrebbe ridurre, e non di poco, le corse in pronto soccorso per casi non gravi. L'idea dell'infermiere di zona è venuta a Fausto Montrone, candidato di Alleanza nazionale al consiglio comunale, cui si deve già l'istituzione del vigile di quartiere. L'ispirazione del paramedico sotto casa gli è venuta da un protocollo dell'Organizzazione mondiale della Sanità che indica «l'infermiere di famiglia come il futuro dell'assistenza territoriale perché promuove e protegge la salute lungo tutta la vita». «Quest'infermiere di quartiere - precisa Montrone - funge da filtro e da punto di riferimento per una popolazione sempre più bisognosa d'informazione che spesso si rivolge al pronto soccorso per ansia o scomodità. Di conseguenza l'infermiere di famiglia restituisce al pronto soccorso la propria funzione istituzionale di servizio d'emergenza-urgenza, migliorandone l'accesso e l'appropriatezza».

Ma da dove potrebbe partire l'infermiere di quartiere? «Dallo Stadera e da quelle zone, come l'area Zama-Salomone (ex autoparco della mafia) e via Emilio Bianchi (ex fortino della droga) che soffrono il degrado». Montrone quei quartieri degradati li conosce bene anche perché dal 1990 a oggi è un funzionario dell'Aler, l'istituto che gestisce le case popolari.

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