La stagione di Milano Classica orchestra regina del barocco

Correvano gli anni Novanta e le orchestre della Rai, leggasi di Stato, chiudevano i battenti una ad una: a Roma, Napoli e Milano. Proprio la Milano che in contemporanea perdeva un altro pezzo importante della sua storia musicale, un complesso di lungo corso come l’Angelicum. Ma dalle sue ceneri nel 1993 si ricostituiva una compagine più snella, ferrata anzitutto nel repertorio del Settecento e inizi Ottocento, battezzata Milano Classica. Dal ’93 è filato tutto liscio tanto che oggi, (ore 10.30) Milano Classica si riattiva con la sua diciassettesima stagione e sempre nel suo quartier generale, l’ospitale Palazzina Liberty. La rassegna ha cadenza bisettimanale, con concerti la domenica mattina (10.30) e lunedì sera (20.45), e si spinge fino a giugno. Sul podio spesso troveremo – oggi per esempio - Massimiliano Caldi, direttore principale del complesso, poi una serie di bacchette in sintonia con la levità e freschezza del repertorio settecentesco. Spesso ci si imbatte nella combinazione di concerti e sinfonie degli austriaci Haydn e Mozart, ma anche nelle pagine argute e colorate dei veneziani Galuppi o Vivaldi. Poi capitano appuntamenti più sperimentali come il 10 maggio, improntato sul Brasile di Villa Lobos. O pagine curiose, della nostra contemporaneità, come il nostalgico brano «Gli occhi di Greta Garbo» di Boccadoro. Poi, gemme che solo un’orchestra di queste proporzioni e stile può indossare, come il Concerto Dumbarton Oaks di Strawinskij. Il primo marzo entra in campo la combinazione voci/strumenti con un intermezzo giocoso – il Pimpinone – di Telemann. L’Orchestra di Milano Classica corrisponde a un pugno di musicisti, vale a dire undici archi più, all’occorrenza, i fiati. E’ l’organico più minuto fra le compagini attive a Milano, lungi dalle proporzioni generose delle due orchestre sinfoniche, la Filarmonica scaligera e la Verdi, ma anche da quelle di medio taglio dei Pomeriggi Musicali. E’ condotta stabilmente da Massimiliano Caldi e da quest’anno ha un nuovo direttore artistico, Gianluca Capuano, anch’egli milanese. Le priorità di calendario dell’Orchestra vanno a Milano e Lombardia, ma volentieri vengono raccolti gli inviti a girare per il mondo. Il complesso ha infatti suonato al Festival di Ankara, di Lubiana, delle Fiandre, negli States (Louisiana, Minnesota, New York). Quanto alla stagione al via oggi, merita una menzione particolare un solista. E’ Avi Vital, classe 1978, israeliano (di Beer-Sheva) da tempo accasato a Pavia. E’ uno dei più quotati interpreti di mandolino, cioè lo strumento legato a una particolare area, il napoletano, ed epoca, la fine Ottocento e l’alba del nuovo secolo. Avital ci spiega come è arrivato al mandolino. «Intorno ai sette anni, mia madre decise che era giunto il momento di studiare uno strumento. Il mio vicino di casa si dilettava con il mandolino e proprio in quel periodo aveva deciso di acquistarne uno nuovo, così mi regalò il suo. Mi appassionai subito» racconta Avital. Che dopo gli studi nella propria terra venne in Italia per specializzarsi al Conservatorio di Padova.

Suona un mandolino italiano, copia di uno Stradivari, e uno proveniente da Israele così da coprire il repertorio che va dal barocco, alla contemporanea e all’ebraico klezmer. Genere, quest’ultimo, che Avital ama coltivare in coppia con il clarinettista Giora Feidman, il re del klezmer.

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