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Ma la stampa russa lo assolve: «Troppe coincidenze strane»

Puntano il dito sul magnate in esilio Berezovsky che non commenta. Ma c’è chi dice: «Vogliono incastrare Putin»

da Mosca

«Non intendo commentare ora la morte di Aleksander Litvinenko, parlerò la settimana prossima»: al telefono con il quotidiano russo Komsomolskaia Pravda il magnate in esilio Boris Berezovski, amico dell'ex colonnello del Kgb morto avvelenato a Londra, è categorico. Molti quotidiani moscoviti però suggeriscono che sarebbe lui l’uomo che avrebbe ottenuto più vantaggi dalla morte di un collaboratore ormai diventato inutile e scomodo, mentre Putin, che la vittima ha accusato di essere il mandante dell'omicidio, viene assolto dalla maggioranza dei commentatori.
Fa presa sulle pagine dei giornali russi la dichiarazione del consigliere presidenziale per gli affari europei Serghei Iastrzhembski, secondo il quale «ci sono coincidenze inquietanti fra le morti di persone che criticavano il potere in Russia e gli avvenimenti internazionali ai quali Putin è invitato a partecipare. L'impressione è che ci si trovi davanti a un piano per screditare Mosca e la sua leadership». La tesi è sposata in pieno da Komsomolskaia Pravda, e dal giornale del governo Rossiskaia Gazeta. Per Nikolai Kovaliov, ex capo del Fsb, i servizi segreti russi, interpellato da Kommersant, «c'è la calligrafia di Berezovski» nel delitto: «È opera di nemici personali del presidente russo per metterlo sotto scacco». Per l'attivista Aleksander Osovzov, del Fronte unito civile, il mandante è «Putin e nessun altro», per la deputata liberale Irina Kakamada «ci sono due possibili regie: una che vuole sostenere Putin, una che vuole abbatterlo». Quest'ultima tesi è fatta propria dall'ex capo del consiglio per lo spionaggio della Cia Fritz Hermart: «Potrebbe trattarsi di una lotta interna fra vari gruppi del Cremlino, gli uni pronti allo scontro con l'Occidente, gli altri propensi alla mediazione».
Vladimir Ryzhkov, deputato liberale indipendente, lega l'uccisione di Litvinenko a quella di Poitkovskaia: «C'è la stessa mano».

Evgheni Iasin, ex ministro dell'economia, liquida la tesi del complotto: «Non c'è alcun bisogno di screditare la leadership russa, lo fa già per conto suo».

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